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Tassazione Guadagni da Trading: Quante Tasse Si Pagano in Totale?

Di Edoardo Catani
Edoardo Catani è operativo nei mercati finanziari da più di 5 anni facendo trading di azioni, opzioni e valute. Inoltre, da tre anni Edoardo è uno scrittore di contenuti finanziari per blog, articoli e video YouTube. Tra le sue collaborazioni più importanti si trovano siti del calibro di Investing.com, Finance Magnates e molti altri.

Quando si pensa ad iniziare la propria attività di trading ci si concentra spesso sui fondamenti dei mercati finanziari, le tipologie di account, le possibili asset class da negoziare e molto altro, ma si sorvola spesso su come pagare le tasse e su quale alternative si hanno per farlo.

In questo articolo forniremo una guida completa su come pagare le tasse sui profitti derivanti dalla propria attività di trading, come calcolarle e quando è necessario pagarle.

Dichiarazione Guadagni Trading: Chi fa trading deve pagare le tasse in Italia?

In Italia chiunque generi un capital gain è soggetto a tassazione basata su un’aliquota fissa sui profitti netti generati nel corso dell’anno. Inoltre, al contrario di altri paesi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra, in Italia non esiste un account di trading ed investimenti esentasse per posizioni a lungo termine in qualità di risparmi per la pensione; quindi, investire senza pagare le tasse risulta relativamente impossibile.

Nonostante ciò, alcune asset class come, ad esempio, le obbligazioni governative italiane e qualche altra obbligazione di altri paesi membri dell’Unione Europea, sono tassate con aliquota fissa agevolata pari a meno della metà del classico regime applicato per i capital gain.

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Qual è la tassazione di trading in Italia?

In Italia l’aliquota fissa che si applica sia sull’attività di trading online che su quella di investimento è pari al 26% sul capital gain totale nel corso dell’attuale anno fiscale. Nonostante ciò, per alcune particolari tipologie di investimento come per i titoli di stato italiani e qualche altra obbligazione degli stati membri dell’unione europea, l’aliquota fissa è stata ridotta ad un regime semplificato pari solamente al 12.5%.

È importante sapere che le imposte sul trading vengono solamente calcolate sui guadagni netti realizzati, e che quindi se si ha una posizione aperta in profitto di €1000 euro, non si dovranno pagare tasse fino al momento in cui la posizione verrà chiusa.

Inoltre, l’aliquota fissa non si calcola solamente sulle plusvalenze relative al valore di acquisto e di vendita di un determinato asset, ma si applica anche alle cedole delle obbligazioni e ai dividendi che le azioni nel nostro portafoglio potrebbero maturare nel corso dell’anno.

Infine, al contrario di altri paesi come gli Stati Uniti, in Italia non esiste alcuna differenza per posizioni tenute aperte nel breve o lungo termine. Infatti, negli States si ha una convenienza nel tenere le proprie posizioni aperte per più di un anno per beneficiare di un aliquota fissa sul capital gain minore di quella per le posizioni di durata meno di un anno. In Italia questa convenienza non esiste. Se vuoi iniziare a fare trading online, scegli sempre broker regolamentati in Italia per evitare truffe e fare trading in sicurezza.

Come funziona la tassazione dei guadagni da trading? Esempio Calcolo Tasse Trading Online

Come brevemente accennato, in Italia la tassazione sul trading è dettata da un’aliquota fissa al 26% sul capital gain totale maturato nel corso dell’attuale anno fiscale. Facciamo tre esempi pratici per chiarire come si calcolano le tasse sui guadagni del trading online.

Nel primo caso assumiamo che nel corso del 2024 facciamo solamente un’operazione di trading che si conclude con successo per un profitto di €100 euro. In questa situazione il calcolo delle tasse risulta automatico in quanto basterà applicare il 26% sul totale dei €100 risultando in un profitto netto di €74 e di una tassazione di €26 euro.

Nel secondo caso assumiamo di aver concluso tre operazioni nel corso del 2024: una per un profitto di 12 euro, una perdita di 76 euro ed un altro profitto di 123 euro. In questa situazione è prima necessario calcolare il capital gain totale generato nel corso dell’anno sommando i risultati. In questo caso il nostro capital gain totale sarà 123 + 12 – 76, ovvero 59 euro. Successivamente, si potrà applicare l’aliquota fissa del 26% sul capital gain netto dei €59 risultando in una tassazione di €15.34 e un profitto netto di €43.66.

Infine, assumiamo una situazione in cui sfortunatamente nel corso del 2024 generiamo una perdita di 450 euro. In questo caso non si pagheranno tasse alla fine del 2024 in quanto non è stata generata alcuna plusvalenza. Inoltre, la perdita del 2024 potrà essere riportata come credito per la nostra attività di trading nel 2025. Quindi, se nel 2025 generemo 600 euro di capital gain al netto delle perdite del 2025, alla fine del prossimo anno pagheremo le tasse solamente su €600 – €450 per una tassazione totale di €39 euro nel 2025 e di €0 nel 2024.

È anche importante sottolineare che insieme alla tassazione sul capital gain, non sarà necessario pagare contributi pensionistici o altre imposte assimilabili ad un guadagno generato da una partita IVA.

In più, se invece di investire in azioni avessimo investito €10,000 in un titolo di stato italiano con una cedola al 4% annuo, il nostro capital gain alla fine dell’anno sarebbe stato €400, il quale verrebbe tassato con il regime semplificato al 12.5% risultando solamente in una tassazione totale pari a €50 euro invece che di €104 secondo l’aliquota al 26%.

Regime Amministrato o Regime Dichiarativo: Cosa Significa e quale scegliere?

Nei precedenti esempi abbiamo considerato il pagamento delle tasse in seguito alla dichiarazione dei redditi alla fine dell’anno. Nonostante ciò, questo esempio riflette solamente uno dei due principali metodi utilizzati per il pagamento delle tasse in Italia.

Regime Dichiarativo: Cos'è e come funziona?

Questo metodo si chiama regime dichiarativo e si basa sulla dichiarazione dei redditi autonoma ed individuale tramite il modulo F24 alla conclusione di ogni anno fiscale. In questo caso, l’onere di monitorare correttamente tutti i profitti e le perdite nel corso dell’anno è posizionata sul trader, il quale dovrà autonomamente calcolare il profitto netto sul quale verrà poi applicata l’aliquota del 26%. Il profitto netto dovrà essere dichiarato nel modulo F24 e dovrà essere pagato entro il mese di giugno del prossimo anno.

Regime Amministrato: Cos'è e come funziona?

Il regime amministrato, invece, è una semplificazione offerta da alcuni broker che si prendono l’onere di monitorare correttamente il P&L dell’account nel corso dell’anno e di pagare le imposte al posto del trader. In questo caso il trader non dovrà compilare la sezione relativa al capital gain dell’F24 e non dovrà autonomamente calcolare le tasse per il futuro pagamento durante il giugno del prossimo anno.

Nel caso del regime amministrato il pagamento delle tasse avviene istantaneamente alla chiusura di ogni posizione tramite il ruolo di sostituto d’imposta svolto dal broker. Infatti, quando ogni posizione sarà chiusa, il broker tratterrà le imposte e depositerà nell’account solamente la quantità netta dei profitti. Così facendo, l’onere di pagare le tasse il prossimo giugno sarà sul broker e il trader non si dovrà preoccupare di questo incarico.

Ad esempio, assumendo di aprire una posizione per un controvalore di €1000 euro e di chiuderla dopo 3 mesi ad un attuale valore di mercato di €1100, un broker sostituto d’imposta depositerà nel nostro account solamente €1074 trattenendo i soldi delle imposte che verranno poi pagati dal broker per il prossimo giugno.

Nonostante ciò, è importante sottolineare che solamente un numero molto ristretto di broker possono svolgere il ruolo di sostituto d’imposta e le alternative sono limitate solamente ad intermediari che operano Italia. Quindi, se si ha un account con Think or Swim o Interactive Brokers si potrà solamente operare secondo un regime dichiarativo.

Differenze tra Tassazione trading in Italia, Svizzera, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti

Ci sono varie differenze (ma anche similitudini) tra le tasse sul trading online nei vari paesi europei ed extra UE. Vediamo in maniera semplice la tassazione in Italia Svizzera, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti con i principali parametri di aliquota standard capital gain, aliquota agevolata, conti esentasse, tassazione dei dividendi e alcuni punti di forza o svantaggi.

Paese
Aliquota Standard Capital Gain
Aliquote Agevolate
Differenziazione Breve/Lungo Termine
Conti Esentasse
Tassazione Dividendi
Note
Italia
26%
12.5% su titoli di stato italiani ed europei
No
Piano Individuale di Risparmio (PIR)
26%

Nessuna differenziazione per durata, no conti pensione esentasse. PIR esente se rispettate le condizioni.

Germania
26.375%
N/A
No
Steuerfreibetrag (€801 esenti per singoli, €1.602 per coppie)
26.375%
Nessuna differenziazione tra breve/lungo termine. Soglia esentasse per piccoli risparmiatori.
Svizzera
Nessuna tassa su capital gain per individui
N/A
N/A
Nessun conto specifico
Variabile, può essere fino al 40%
Solo il trading professionale è tassato. I dividendi sono tassati secondo l'aliquota personale, spesso elevata.
Stati Uniti
0%, 15%, o 20% (a seconda del reddito)
Fino al 37% per breve termine
IRA, 401(k), Roth IRA
Aliquota ordinaria (fino al 37%)
Differenziazione tra breve e lungo termine. Conti pensione esentasse disponibili.
Gran Bretagna
10% o 20% (a seconda del reddito)
0% su profitti fino a £6,000
Individual Savings Account (ISA), Self-Invested Personal Pension (SIPP)
7.5% o 32.5% (a seconda del reddito)
Differenziazione tra breve e lungo termine. Conti ISA e SIPP esenti da imposte sui guadagni e dividendi.

Come pagare meno tasse sul trading online in Italia?

Sfortunatamente in Italia non esistono la maggior parte delle agevolazioni che esistono in altri paesi per ridurre la tassazione sul trading. Infatti, non solo non esiste la riduzione dell’aliquota fissa al superamento di un anno di durata della posizione, ma non esistono neanche i famosi “retirement accounts” utilizzati negli States, in Gran Bretagna e molti altri stati per maturare un portafoglio di investimenti per la pensione senza il futuro pagamento delle tasse una volta che le posizioni verranno concluse.

Nonostante ciò, è importante menzionare un account di investimenti relativamente nuovo chiamato “Piano Individuale di Risparmio a lungo termine (PIR)” che, introdotto nel 2017 e migliorato nel 2021, conferisce la possibilità agli investitori di maturare un portafoglio di investimenti completamente esente da tassazione.

Ad oggi esistono due tipi di PIR, quello ordinario e quello alternativo. Focalizzandosi sul PIR ordinario in quanto quello alternativo è generalmente utilizzato da investitori sofisticati e con alto patrimonio, il PIR permette di investire fino ad un massimo di €200,000 completamente esenti da tasse nel caso in cui vengano rispettate alcune regole:

  • Massimo €40,000 all’anno investiti nel PIR
  • Minimo €500 all’anno investiti nel PIR
  • In ogni singolo titolo può essere investito massimo il 10% del PIR
  • Vincolo di detenzione di almeno 5 anni. La vendita anticipata degli strumenti è permessa ma i proventi devono essere reinvestiti totalmente entro massimo 90 giorni per continuare a beneficiare dall’agevolazione fiscale.
  • Minimo il 70% del PIR deve essere investito in strumenti finanziari emessi da società italiane o con sede stabile in Italia.
  • Minimo il 30% del 70% investito in società Italiane deve essere investito in società non incluse nel FTSE MIB ed il 5% in società non incluse nel FTSE Mid Cap.

Quindi, la possibilità di investire senza pagare tasse in Italia esiste, ma è soggetta a vincoli estremamente stringenti. Inoltre, i requisiti per il PIR alternativo sono ancora più stringenti imponendo agli invertitori di acquistare strumenti finanziari in mercati ancora meno liquidi e in compagnie ancora più piccole fino ad un massimo di €1.5 milioni.

Di conseguenza, una delle raccomandazioni più importanti per aumentare il proprio profitto è quella di operare tramite un broker senza commissioni o un broker che fa pagare costi relativamente bassi, specialmente i costi fissi se si opera con una modesta quantità di capitale.

Dichiarazione redditi trading: cos’è e come funziona?

Come accennato in precedenza, quando si opera tramite un regime dichiarativo sarà necessario monitorare i propri profitti e le proprie perdite nel corso dell’anno in quanto l’onere di pagare correttamente ed in tempo le tasse è posto sul trader.

Il pagamento delle tasse avviene tramite la compilazione dell’F24, il modulo per la dichiarazione dei redditi da compilare alla conclusione di ogni anno fiscale. Nell’F24 sono presenti alcune importanti sezioni da compilare nel caso di regime dichiarativo:

  • Quadro RM per Redditi di Capitale: i redditi di capitale sono definiti come proventi derivati dalla concessione del proprio capitale a terzi sotto forma di dividendi o di interesse.
  • Quadro RT per Redditi Diversi di Natura Finanziaria: i redditi diversi di natura finanziaria sono quelli relativi alla plusvalenza generata tra il valore di acquisto ed il valore di vendita del titolo che si ha negoziato.
  • Quadro RL per Altri Redditi: questo quadro è predisposto per la dichiarazione di altri redditi non compresi nelle sezioni RM e RT.

Infine, se si opera all’estero sarà anche necessaria la compilazione del Quadro RW per il monitoraggio di attività fiscali detenute all’estero, il quale sarà necessario per il futuro versamento dell’IVAFE, ovvero l’imposta patrimoniale sulle attività finanziarie estere.

Come pagare le tasse sul trading?

Il pagamento delle tasse risulta sempre essere un processo tedioso in quanto si ha l’onere di calcolare correttamente le tasse da pagare e di eseguire l’operazione in tempo. Immaginando un day trader che potrebbe eseguire anche 10 operazioni al giorno, il calcolo del capital gain totale nel corso di un anno potrebbe essere un compito estremamente complesso.

Fortunatamente, ad oggi la maggior parte dei broker presenta una sezione con i moduli per il pagamento delle tasse, anche per i clienti che operano all’estero, che contengono tutte le informazioni relativi all’andamento dell’account nel corso dell’anno e calcolano direttamente il capital gain al posto del cliente. Una volta calcolato il capital gain totale sarà necessario compilare la dichiarazione dei redditi negli appositi quadri RT, RM e RL ponendo attenzione anche alla sezione RW nel caso in cui si operi con un broker estero. Successivamente, il pagamento delle tasse dovrà avvenire tramite il modulo F24 entro il mese di giugno del prossimo anno.

Facendo un esempio pratico, assumiamo di avere un portafoglio a lungo termine con 1,000 euro in azioni che pagano un dividendo annuo del 5% e 10,000 euro in titoli di stato italiani che pagano una cedola annuale del 4%. Inoltre, assumiamo anche di avere un conto di trading a breve termine che nel corso dell’anno ha realizzato una plusvalenza di €1,200 euro.

In questo caso i dividendi e il pagamento della cedola sul titolo di stato sono considerati come redditi di capitale e dovranno essere inclusi ne quadro RM della dichiarazione dei redditi per un totale di €450 di reddito. La plusvalenza netta derivante dall’attività di trading è invece definita reddito diverso di natura finanziaria e verrà incluso nella sezione RT della dichiarazione dei redditi. In questo caso le imposte totali da pagare saranno il 26% sui €50 di dividendi e sul capital gain di €1,200 più il 12.5% sulla cedola dei titoli di stato di €400 per un totale di €375 di tasse. Inoltre, è importante ricordare l’assenza di ulteriori imposte IRPEF o di contributi.

D’altro canto, se si opera tramite un broker italiano con sostituto d’imposta non sarà necessario il pagamento delle tasse tramite l’F24 e non si dovrà neanche calcolare autonomamente l’importo da pagare. Inoltre, essendo il broker italiano, non si dovrà compilare il quadro RW.

Conclusioni

In conclusione, la dichiarazione tasse sul trading e il processo di come pagare le tasse sul trading online sono processi lunghi e tediosi che spesso possono richiedere l’aiuto di un esperto, almeno durante i primi anni di attività. Nonostante ciò, una volta scoperto come la tassazione trading Italia funziona, il processo risulterà molto più semplice e rapido.

Inoltre, per coloro interessati a fare trading online è caldamente consigliato di utilizzare un broker che offre il servizio di sostituto d’imposta, o regime amministrato, tramite il quale il trader è sollevato dall’onere del pagamento autonomo delle tasse, il quale verrà automaticamente svolto dal proprio broker.

Domande Frequenti

Quante tasse paga un prop trader?

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Il pagamento delle tasse di un prop trader dipende interamente dalla natura del contratto che il prop trader detiene con la società che lo ha assunto. Nella maggior parte dei casi il prop trader agisce come un libero professionista e che quindi il pagamento che riceve deve essere registrato come prestazione professionale soggetta ad imposte e contributi secondo il proprio regime di partita IVA. Nel caso in cui il prop trader sia un dipendente della società, il pagamento delle tasse verrà versato direttamente dalla società.

Cosa succede se non dichiaro il trading?

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Ogni anno le informazioni relative ai conti di trading sono incrociate con le dichiarazioni dei redditi e nel caso di irregolarità l’agenzia delle entrate può inviare una lettera di compliance richiedendo una dichiarazione dei redditi integrativa e delle sanzioni ridotte per una infedele dichiarazione dei redditi. Nel caso in cui la dichiarazione dei redditi sia completamente assente l’agenzia delle entrate può inviare un avviso di accertamento con delle sanzioni molto elevate.

Quanto costa dichiarare conto trading?

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Generalmente dichiarare un conto di trading italiano non risulta comportare alcun costo aggiuntivo rispetto alla classica compilazione del 730 per lavoratori dipendenti o pensionati oppure del modello unico per partite IVA. Nonostante ciò, nel caso in cui si possiedono conti di trading esteri sarà necessaria la compilazione del quadro RW che comporta un costo aggiuntivo.

Dove non si pagano le Tasse sul trading?

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Ad oggi quasi ogni stato offre la possibilità di investire i propri risparmi in un account completamente esente da pressione fiscale come il PIR italiano o i retirement accounts americani, anche se questi investimenti sono generalmente soggetti a restrizioni molto stringenti. Nonostante ciò, alcuni stati europei come Belgio, Svizzera, Turchia, Repubblica Ceca, Lussemburgo e Slovacchia non applicano imposte sul capital gain rendendo il trading completamente esente dalle tasse.

Quante tasse deve pagare un trader in Italia?

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In Italia il trading è soggetto ad un aliquota fissa al 26% sul totale delle plusvalenze generate nel corso dell’anno. Nonostante ciò, esistono eccezioni sul reddito generato tramite titoli di stato quali sono tassati al 12.5%, mentre i redditi generati dai Piani Individuali di Risparmi (PIR) non sono soggetti ad alcuna tassazione nel caso in cui alcune condizioni vengano soddisfatte.

Edoardo  Catani
Informazioni su Edoardo Catani
Edoardo Catani è operativo nei mercati finanziari da più di 5 anni facendo trading di azioni, opzioni e valute. Inoltre, da tre anni Edoardo è uno scrittore di contenuti finanziari per blog, articoli e video YouTube. Tra le sue collaborazioni più importanti si trovano siti del calibro di Investing.com, Finance Magnates e molti altri.
 

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