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Economia Americana davvero in ripresa?

Di DailyForex.com

La scorsa settimana il Dipartimento del Commercio ha pubblicato i dati preliminari sul Prodotto Interno Lordo che hanno mostrato che l'economia Statunitense è cresciuta al 3,2% annuo nel quarto trimestre. Le vendite agli acquirenti privati nazionali sono aumentate ad un tasso stimato del 4,3% annuo, fornendo ulteriori prove che il "passaggio" dal sostegno fiscale alla crescita della domanda privata sta cominciando a fare progressi. Il problema è se questo progresso diventerà autosufficiente, oppure se i danni causati dalla crisi finanziaria siano stati troppo pesanti perché l'economia degli Stati Uniti possa riprendersi.
I mercati finanziari hanno recuperato dalla drammatica crisi finanziaria del 2007‐2009. L'espansione monetaria e fiscale messa in atto per allontanare una catastrofe ha portato alcuni osservatori del mercato ad ipotizzare che ciò che era iniziato come una crisi bancaria può trasformarsi in un aumento dell'inflazione o anche in una crisi del debito sovrano. Moody's, a proposito di in una revisione del rating
AAA dei titoli del Tesoro USA, ha recentemente affermato che "la probabilità di assegnare un outlook negativo nei prossimi due anni sta crescendo."

Secondo Goldman Sachs, che fa riferimento a studi eseguiti da Carmen Reinhardt e Kenneth Rogoff, le crisi finanziarie sono spesso foriere di crisi del debito sovrano. Il debito pubblico aumenta rapidamente durante e dopo una crisi finanziaria per diversi motivi: in primo luogo, la crisi è di solito accompagnata da una crisi economica che riduce le entrate fiscali. In secondo luogo, la svalutazione monetaria può provocare un’abnorme espansione dei debiti denominati in valuta estera. In terzo luogo, la debolezza economica spesso porta ad ulteriori misure fiscali per sostenere l'economia, come l’American Recovery and Reinvestment Act all’inizio del 2009 negli Stati Uniti. Quarta ed a volte più importante ragione, il governo in genere si assume responsabilità nel settore privato, in particolare quelle nel settore bancario.

Inoltre, il debito pubblico aumenta in media dell’86% nei tre anni che seguono una crisi finanziaria. Nell'esaminare l'impatto economico dell’impulso al privato dagli stimoli del governo, Goldman Sachs si riferisce alla forza delle reali vendite finali agli acquirenti nazionali. Le vendite finali sono aumentate con un robusto tasso del 3,4% annuo, proprio in linea con l'aumento medio di questo aggregato negli ultimi due trimestri. L'incremento delle vendite finali a acquirenti privati nazionali ha raggiunto in realtà un ancora più impressionante tasso annuo del 4,3%, poiché la spesa reale delle amministrazioni pubbliche è diminuita. L'accelerazione tra i primi tre trimestri di questa ripresa durante gli ultimi tre trimestri è in contrasto con un modello opposto per il PIL reale. Nel quarto trimestre, la crescita reale delle vendite finali al privato sul mercato interno è stata notevolmente equilibrata, con consumi e investimenti fissi delle
imprese entrambi saliti al tasso annuo del 4,4% e gli investimenti residenziali a quello del 3,4%.

Il Governo Statunitense sta cercando di uscire da alcuni settori, compreso quello immobiliare, per aumentare gli investimenti privati. A febbraio, il Segretario del Tesoro Timothy Geithner darà formalmente il via al dibattito pubblico quando presenterà al Congresso una gamma di opzioni per ridurre il ruolo del governo nel finanziamento delle costruzioni, nel contempo spingendo le società di Wall Street ad assumersi parte del rischio. I funzionari dell'amministrazione chiamano questo documento "un percorso" per stabilizzare il finanziamento dell'edilizia abitativa.

Il mercato immobiliare continua ad essere in ritardo rispetto ad altri indicatori come le vendite finali, e poiché è stata la fonte della forza che ha causato la crisi finanziaria, ciò rende l'esame degli scenari di ripresa meno ottimistici. Venerdì scorso, il Dipartimento del Lavoro ha pubblicato dati sull'occupazione non agricola leggermente peggiori del previsto, contrastanti rispetto al tasso di disoccupazione. Il numero di posti di lavoro creati nel mese di gennaio del 2011, è stato di 36.000 rispetto ai 135.000 che si aspettavano gli economisti. L’incremento netto dei posti di lavoro nei precedenti due mesi è stato di circa 40.000. Il tasso di disoccupazione, è sceso al 9,0% rispetto al 9,4% nel mese precedente. Gli economisti si aspettavano che questo tasso salisse fino al 9,5%. La disparità nella rilevazione sull’andamento delle aziende e sul mercato immobiliare è notevole e induce a credere che all'orizzonte possa esservi sia la ripresa che un fuoco di paglia. Non è ancora chiaro quale di questi due scenari prenderà il sopravvento, ma ciò che è chiaro è che finché i tassi resteranno artificiosamente bassi, la volatilità sarà dominante e la possibilità di ripresa sarà messa in discussione.

A cura di: eToro
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