I rendimenti USA sono in ascesa
Dovrebbe essere sufficiente dire che il più grande fondo obbligazionario mondiale, Pimco, ha deciso di uscire dal mercato obbligazionario statunitense. Pimco, una delle più grandi società di investimento a livello mondiale, operante in 10 paesi e che gestisce attività finanziarie per un valore superiore ai 1.242,1
miliardi di dollari, ha annunciato recentemente di aver eliminato quasi tutte le partecipazioni in titoli collegati al Tesoro degli Stati Uniti. Questi titoli comprendono non solo obbligazioni e titoli del Tesoro ma anche interest rate swap, titoli societari garantiti dalla FDIC, future e opzioni su titoli di Stato Usa, etc. Gli unici titoli del governo americano che continuano a mantenere sono i Buoni del Tesoro e alcuni Pronti contro Termine.
William “Bill” Gross, fondatore di Pimco e co-chief investment officer, è da molto che sostiene che i titoli del Tesoro americano sono sopravvalutati. Egli è stato molto chiaro nel delineare il possibile impatto della spesa pubblica sull’aumento del deficit USA e nell’incremento delle pressioni inflazionistiche. Naturalmente quindi non è stata una sorpresa per gli analisti e per i mercati l’annuncio di Pimco della settimana scorsa. Si è saputo che a gennaio il Total Return Fund di Pimco, maggiore fondo obbligazionario statunitense, con un’attività gestita pari a 236,9 miliardi di dollari, ha ridotto l'esposizione del suo portafoglio a titoli legati all'emittenza sovrana Usa, portandola al minimo di almeno due anni mentre ha alzato l'investimento in cash e obbligazionari di altri paesi sviluppati. La maggior parte del Fondo era investito in titoli cash ma mentre a gennaio i titoli cash ammontavano a 11,9 miliardi di dollari a fine febbraio questi titoli erano passati a 54,5 miliardi. A partire dallo scorso anno Gross sta sostenendo che spostarsi verso obbligazioni “sicure" con rendimenti più elevati sia un acquisto migliore dal momento che esse aiuteranno a contrastare le pressioni inflazionistiche che erodono i ricavi. A questo scopo, Pimco ha dichiarato che entro la fine del primo trimestre, fino al 10% della sua attività in gestione sarà investita in titoli equity-related comprese azioni convertibili e privilegiate.
La maggior parte degli operatori finanziari concordano pienamente con le decisioni di investimento di Pimco e hanno apprezzato la mossa. Essi rimproverano al governo statunitense, attraverso Ben Bernanke e la Federal Reserve, che non è possibile mantenere per sempre i tassi di interesse artificialmente bassi. Ciò che Pimco sta presumibilmente facendo è aspettare il momento giusto, aspettare che i rendimenti diventino più “interessanti”. Anche i trader capiscono la logica che sottende la decisione di Pimco e concordano che ridurre l’esposizione in questo momento potrebbe rivelarsi una
mossa decisamente ragionevole.
Secondo Bill Gross, in “passato”(ossia prima del QE), la Fed aveva acquistato una cifra irrisoria pari al 10% di titoli governativi, di cui il 50% acquistati da paesi esteri (Cina, Giappone, etc.) e il 40% derivante da investimenti privati. Dall’inizio del QE, la Fed ha riacquistato circa il 70% dei titoli del Tesoro con gli altri paesi sovrani che hanno comprato il resto. Con la fine del programma di 600 miliardi di QE (presumibilmente) entro il 30 giugno, Bill Gross dice che si porrà una questione, ossia, chi acquisterà i titoli del Tesoro USA se non lo farà la Fed? Egli sostiene che i “vecchi affidabili” paesi esteri continueranno a offrire il loro supporto per circa il 30% delle emissioni di titoli del Tesoro, ma il restante 70% rimarrà ancora a disposizione. Egli ammette che Pimco potrebbe diventare uno degli acquirenti ma solo al giusto prezzo. Ad un certo punto le altre banche centrali inizieranno a chiedere rendimenti migliori per controbilanciare il rischio. Ma la domanda che naturalmente si pone è: il tasso che attrarrà gli investimenti non metterà in pericolo la fragile ripresa dell’economia americana? Bill Gross sostiene che i rendimenti obbligazionari e i prezzi delle azioni si posano su fondamenta artificiali create dal QE. E ciò che secondo lui è ancora più preoccupante è cosa accadrà dopo il 30 giugno, quando la Fed porrà fine alle misure di QE.
Quindi come si riflette questa situazione sul portafoglio di ognuno?
Il più grande fondo obbligazionario al mondo pensa che la Fed non è in grado di sostenere la domanda di obbligazioni USA e mantenere bassi i rendimenti significa che praticamente tutti gli asset che hanno beneficiato dei rendimenti mantenuti bassi artificialmente potrebbero muoversi al ribasso. I due asset che hanno maggiormente beneficiato dei rendimenti particolarmente bassi sono le azioni statunitensi e l’Oro. Ciò nonostante mentre ci si aspetta che i titoli azionari USA correggeranno i prezzi al ribasso in mezzo a più elevati costi di finanziamento, bisogna ricordare che le società statunitensi che stanno dominando indici quali il DOW, l’S&P e il NASDAQ sono società globali, quindi società che riflettono la storia economica mondiale. Ciò significa che la ripresa degli indici statunitensi nel lungo periodo è sulla giusta direzione ossia segue la ripresa economica mondiale. Tuttavia il discorso cambia per l’oro. Il rally dell’oro è stato sempre collegato al basso livello del denaro e ai bassi rendimenti. Ci si deve chiedere se dopo periodi di rendimenti particolarmente bassi che hanno fatto toccare all’oro prezzi record, nel momento in cui tali bassi rendimenti finiranno, cosa accadrà al prezzo dell’oro nel lungo periodo? La risposta è semplice: il prezzo dell’oro diminuirà molto.
Durante questa settimana sono tornati a dominare i mercati i trader rialzisti come conseguenza del recupero degli asset più rischiosi. Ciò nonostante l’inatteso terremoto in Giappone potrebbe complicare la situazione aumentando la volatilità sui mercati.
A cura di: eToro