I mercati emergenti fanno furore


Agli investitori è stato più volte ripetuto che la Cina con la sua immensa economia sta guidando la ripresa del resto del mondo. È quindi facile dimenticarsi che la Cina è considerata un’economia emergente. Ma rimane il fatto che la crescita nei mercati emergenti c’è stata e che è significativamente più solida che nelle economie sviluppate.

A sostegno di questa tesi ci sono i dati del passato. Nel primo trimestre del 2011, l’indice MSCI Mercati Emergenti ha guadagnato l’1,7%, con gli analisti che sottolineano che la
crescita è stata in parte rallentata dal comparto manifatturiero cinese. Tuttavia, paragonando lo stesso
periodo su base annua la crescita è stata del 15,9%. Confrontando tale risultato con l’indice MSCI Paesi
Sviluppati, quest’ultimo ha registrato una crescita del 7, 5%, ossia circa la metà dell’indice relativo ai Paesi Emergenti.

Dati più recenti mostrano che nelle due settimane tra il 22 aprile e il 4 maggio, l’indice MSCI Paesi Emergenti è scivolato del 2,5%. Secondo un analisti dei mercati emergenti ciò non significa che sia in atto un’inversione di tendenza.

I fondi azionari dei mercati emergenti stanno ancora attirando parecchi capitali; la scorsa settimana uno di questi fondi ha fruttato 1,2 miliardi di dollari. Alcuni analisti sottolineano che sono ben inferiori rispetto all’1,8 miliardi di euro della settimana precedente e dell’1,6 miliardi di dollari della settimana ancora prima. Ma all’inizio di quest’anno i fondi dei mercati emergenti avevano conosciuto un periodo di quasi due mesi caratterizzati da significative uscite di capitali per circa 28,7 miliardi di dollari. La maggior parte degli analisti concordano che il trend si è chiaramente invertito e che il momentum è solido.

Inflazione vista come problematica-Le Banche centrali dei paesi emergenti, più recentemente la Corea del Sud ma anche la Malesia, il Vietnam, l’India e le Filippine hanno alzato i rispettivi tassi di interesse per contenere le pressioni inflazionistiche. La banca centrale cinese sta alzando regolarmente i tassi di interesse, nonché gli obblighi di riserva, per tenere sotto controllo la crescita. Nel frattempo, nelle economie sviluppate, i tassi di interesse rimangono vicini ai minimi storici e la crescita economica resta, nei casi migliori, contenuta.
Mentre gli investitori sono preoccupati per l’effetto che l’aumento dei tassi di interesse potrà avere sugli utili aziendali e sulla crescita dei mercati emergenti, la maggior parte degli analisti non prevedono nessun significativo impatto per quest’anno. Uno specialista dei mercati emergenti è convinto che i timori per gli effetti dell’inflazione siano esagerati. Egli sostiene che nei mercati emergenti l’inflazione è generalmente il risultato dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari ed è quindi destinata a non avere effetto duraturo sull’inflazione core.

Mentre le banche centrali stanno, naturalmente contrastando l'inflazione con tassi di interessi più elevati egli non considera auspicabile fermare la tendenza rialzista della crescita. La crescita degli utili nei mercati emergenti è ancora intorno al 15-20 % e nella maggior parte dei paesi i tassi di interesse reali
restano bassi se non addirittura negativi. Egli sostiene che è probabile che la crescita dei mercati emergenti abbia raggiunto il massimo ma ciò non implica necessariamente né che il rally dei mercati emergenti stia diminuendo né che ciò comporterà una flessione dei flussi in entrata verso tali fondi.

I flussi in entrata restano un fattore chiave per la crescita- Gli analisti sottolineano che i flussi in entrata restano positivi. Un'analisi per divisione geografica ha mostrato che la maggior parte dei fondi regionali si sono impegnati per venire incontro alle preoccupazioni degli investitori che chiedono politiche monetarie maggiormente restrittive e una crescita più contenuta in alcuni mercati sviluppati.

I fondi che investono in America Latina così come i fondi che investono in Asia (Giappone escluso) hanno tutti recentemente assistito a un aumento dei flussi in uscita, probabilmente una conseguenza dei recenti aumenti dei tassi di interesse in India e della politica maggiormente restrittiva della Cina.

Dall’altra parte, i flussi in entrata verso i fondi coreani e russi stanno incrementandosi; nel caso della Corea per la settima settimana consecutiva e nel caso della Russia per 29 settimane sulle ultime 31.
I flussi in entrata sono essenziali per la crescita globale e la maggior parte degli analisti concorda che il recente rallentamento non presuppone la fine del rally dei mercati emergenti. Piuttosto, crediamo che i mercati emergenti abbiamo ancora ampi spazi di crescita, cosa che fa ben sperare per la crescita e la propensione globale al rischio. Tuttavia siamo convinti che affinché la propensione al rischio torni a salire
dovranno verificarsi due importanti fattori. L’inflazione cinese dovrà scendere ulteriormente sotto il 5% annuo in modo da favorire una stabilizzazione della domanda cinese.

Inoltre dovrà essere completato o quasi un pacchetto di salvataggio per Grecia, Portogallo e Irlanda. Entrambi questi fattori consentiranno agli investitori di aspettarsi un miglioramento della curva della domanda globale nel lungo periodo e iniziare a investire in modo più aggressivo in attività collegate con la crescita.

La settimana è stata dominata dall’ulteriore debolezza della zona euro con valute quali l’euro, la sterlina e il franco svizzero che si sono consolidate al ribasso rispetto al dollaro. La forza del dollaro non ha spinto solo le controparti al ribasso ma anche le attività espresse in dollari quali l’oro e il petrolio. L’oro è sceso sotto la soglia di 1.500 e il petrolio ha chiuso la settimana al di sotto dei 100$ al barile.


A cura di: eToro