OPEC annulla decisione sull'aumento della produzione petrolifera
Il governo dell’Arabia Saudita ha apparentemente scelto di rompere con l’OPEC decidendo di aumentare la produzione del greggio. Ieri un giornale saudita ha reso noto che il governo ha deciso che la produzione di petrolio aumenterà di 0,7 milioni di barili al giorno, con la maggioranza dell’aumento destinato in particolare per sostenere la crescita asiatica. L’aumento della produzione a 10 milioni di barili al giorno avrebbe effetto dal mese prossimo.
Mentre il report non è ancora confermato, questa settimana, l’OPEC (Organizzazione Paesi Esportatori di Petrolio) si è riunito a Vienna per discutere dei programmi per aumentare le quote di produzione dell’organizzazione. Il meeting si è concluso senza nessuna decisione definitiva. Secondo Ali Naimi, il Ministro del Petrolio dell’Arabia Saudita, la seduta dell’OPEC è stata, “uno dei peggiori incontri che abbiamo mai avuto.”
L’Arabia Saudita, a favore dell’aumento, è stata in grado di ottenere il supporto solo di altri tre membri dell’OPEC, molto meno quindi della maggioranza della coalizione guidata dall’Iran che ha votato per lasciare le quote invariate. La maggior parte degli analisti si era aspettato che il disaccordo nell’OPC sulla questione si sarebbe protratto e avrebbe avuto come conseguenza una crisi del mercato che avrebbe fatto aumentare il prezzo del petrolio. Certamente, il dato rilasciato mercoledì scorso dalla U.S. Energy Information Administration ha anch’esso pesato molto.
Motivazione politica vista come ragione per la posizione assunta dalla maggioranza dell’OPEC
Alcuni osservatori sono convinti che la maggioranza dell’OPEC, che ha votato per annullare la decisione di produrre più petrolio, era politicamente motivata a comportarsi così. Gli Stati Uniti e la sua economia in difficoltà ne sarebbero chiaramente stati ulteriormente colpiti ed è questa la motivazione che ha spinto Iran, Libia e Venezuela ad esprimersi con un voto contrario. Gli analisti sottolineano che la maggioranza ovviamente non aveva altro motivo se non quello di una punizione dal momento che la maggior parte di loro ha già raggiunto la capacità produttiva.
Solo quei membri dell’OPEC che avevano ancora capacità disponibile a soddisfare l’incremento di quota proposto, ossia l’Arabia Saudita, il Kuwait e gli Emirati Arabi hanno votato a favore della proposta. Se la decisione dell’Arabia Saudita non ha precedenti, tale mossa non è giunta totalmente inaspettata per i mercati.
Nonostante ciò, le divisioni all’interno dei paesi che aderiscono al cartello sul petrolio solitamente molto uniti ha pesato molto sulla credibilità dell’OPEC. Se l’impasse avrebbe potuto portare a un rialzo per il petrolio, il report diffuso ieri ha fatto scendere il prezzo del WTI del 2,5% per chiudere sotto i 100 dollari al barile.
La tempistica della mossa dell’Arabia Saudita non sarebbe potuta essere migliore. In un recente report sulle materie prime condotto da Morgan Stanley gli analisti chiedono all’OPEC di intervenire urgentemente per aumentare la produttività e contrastare i prelievi dalle scorte nella seconda metà del 2011. Ciò assicurerebbe che la richiesta da parte dei paesi emergenti, i motori della crescita globale, sia bene soddisfatta; secondo la loro analisi la domanda mondiale di petrolio crescerà di circa 1,2 milioni di barili al giorno fino alla fine dell’anno.
Se non dovessero sanarsi le divergenze nell’OPEC, è altamente probabile che assisteremo a un rally del petrolio. Se ciò si verificasse, le pressioni inflazionistiche in tutto il mondo aumenterebbero considerevolmente e ciò si tradurrebbe in un’ulteriore fase di stretta monetaria. Se la Cina (ossia il motore della crescita globale) non riuscirà ad attenuare tale crescita accanto alle pressioni inflazionistiche, finirebbe per regnare l’instabilità economica a livello globale.
L’analisi di Morgan Stanley indica che un incremento da parte dell’OPEC della capacità di produzione del petrolio favorirebbe un appiattimento dei prezzi nel medio periodo. Tuttavia, bisogna ricordare che l’analisi ha ipotizzato un incremento di 1,5 milioni di barili al giorno. Questo è più di due volte di quello che la produzione dell’Arabia Saudita sarebbe in grado di gestire.
Come si tradurrebbe questa situazione sui mercati?
Petrolio-Le conseguenze di un incremento della produzione di petrolio da parte dell’Arabia Saudita sono abbastanza chiare. Una maggiore offerta di petrolio supportata da un aumento della produzione da parte dell’Arabia Saudita potrebbe far scendere il petrolio forse alla ricerca di livelli di supporto inferiori. Attualmente vediamo il livello di 85 come il supporto contro ulteriori flessioni dal momento che 75 dollari al barile è considerato il livello di pareggio per il bilancio del governo saudita. Quindi le previsioni ribassiste per il petrolio sul lungo periodo sembrano circoscritte.
L’effetto sull’oro e sul forex
Dal momento che il petrolio è uno dei fattori principali che influiscono sulle prospettive inflazionistiche soprattutto negli USA è chiaro che prezzi del petrolio contenuti possono tradursi in un livello minore dell’inflazione headline. Un’inflazione più bassa è negativa per l’oro. Dal momento che l’oro non distribuisce dividendi, esso trae beneficio quando i tassi di interessi reali sono inferiori al tasso di inflazione. Dato che i tassi di interesse reali saranno ancora negativi il prezzo dell’oro resterà sopra 1.350 ma l’inflazione più bassa, risultato del prezzo più contenuto del petrolio, porterà chiaramente a un’impennata nel prezzo dell’oro nel breve periodo con l’area tra 1.400-1.430 che costituirà il supporto sulla trend line rialzista.
Nell’arena del FX un prezzo del petrolio più basso andrà probabilmente a vantaggio dei low yielders, quali il dollaro, lo yen e il franco svizzero, che sono strettamente collegati a cicli di inflazione più contenuta. Dal momento che il movimento del petrolio si traduce in pressioni inflazionistiche l’effetto di un prezzo più contenuto del petrolio sarà particolarmente importante. I consumatori statunitensi che rappresentano il 70% dell’economia hanno sofferto molto soprattutto a causa dei prezzi e dell’inflazione che hanno continuato a crescere rispetto agli stipendi che rimanevano fermi. I consumatori trarranno vantaggio da un’inflazione più bassa che potrebbe favorire l’economia nel prossimo trimestre. Le prospettive del dollaro in un clima di prezzi del petrolio più bassi sono positive. Ciò nonostante se la fiducia dei consumatori non riuscirà a reagire all’inflazione più bassa ciò potrebbe far aumentare le possibilità del QE3 che è stato evitato finora a causa dell’inflazione elevata negli USA. E come la storia di volta in volta dimostra ulteriore QE non è mai positivo per il dollaro.
A cura di: eToro