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Tutti i nodi vengono al pettine con il termine della QE3 americana e la crisi greca

Entro la fine di questa settimana, il programma di quantitative easing da 600 miliardi di dollari della Federal Reserve si concluderà.  Che abbia avuto successo o no, non si ripeterà probabilmente un’altro ciclo di QE, almeno secondo quanto affermato recentemente dal Presidente della Fed, Ben Bernanke.  E questa è una buona notizia, non tanto per il dollaro statunitense ma per il mercato mondiale. Esaminiamo quello che potrebbe succedere se si attuasse un QE3 che alcuni vedono ancora come una possibilità data l’attuale debolezza dell’economia USA e il persistentemente alto tasso di disoccupazione.

In primo luogo, l’inflazione mondiale continuerà a crescere e ciò eserciterà pressioni sui mercati emergenti, in particolare Cina e India, che stanno guidando la ripresa globale. Il governo cinese, naturalmente, sta tentando coraggiosamente di frenare l’inflazione utilizzando tutti i metodi a sua disposizione. Lo scorso anno la PBC ha sia alzato i requisiti di riserva per le banche cinesi che alzato il tasso di riferimento per lo yuan.    Entrambi questi strumenti sono stati usati numerose volte con un’efficacia però limitata nel tempo; l’inflazione ha continuato a rimanere costante.  Il dato più recente dell’indice CPI ha mostrato che l’inflazione ha raggiunto a maggio il massimo da tre anni, salendo al 5,5% dal 5,3% registrato ad aprile.

Un QE3 significherebbe che la politica della banca centrale cinese dovrebbe essere ancora più aggressiva, tagliando ancor più la domanda interna di quello che già sta facendo.  E si può essere certi che Pechino sarà altamente contrario a un altro programma di QE a causa dell’effetto che questo potrebbe avere sulla bilancia commerciale del paese.  Il saldo attivo della bilancia commerciale cinese è aumentato nel mese scorso dal  momento che si è attenuata la crescita delle esportazioni e sono aumentate le importazioni.

Se la critica di Pechino sia giustificata o meno è una questione ancora aperta, ma un economista di Shanghai ha fatto notare che l’effetto generale del programma di QE2 della Fed è stato ben superiore rispetto al risultato ottenuto con il primo ciclo di QE attuato dalla Fed.  Secondo questo analista, il QE1 ha ampiamente influenzato i canali commerciali cinesi. Ma nel QE2, la capacità delle istituzioni finanziarie statunitensi di accordare credito è stata rafforzata e l’effetto moltiplicatore del denaro ha amplificato così le conseguenze sulla crescita in Cina.

Ma almeno nel prevedibile futuro, secondo quanto reso noto dalla Fed,  non ci si deve attendere un QE3. Secondo il comunicato stampa ufficiale e la conferenza stampa del Presidente Bernanke che ne è seguita, se la seconda tranche di QE dovrebbe concludersi secondo quanto programmato, il Tesoro statunitense vorrebbe continuare a reinvestire i pagamenti in quota capitale delle sue partecipazioni. Quando finirà il “prevedibile futuro”, tuttavia, non è chiaro e la Fed ha reso noto che continuerà a tenere sotto controllo la situazione e a liquidare le partecipazioni in titoli secondo quanto ritenuto “appropriato.”

Per il momento, la banca centrale ha lasciato il tasso di riferimento dei Fondi federali invariato allo 0,25%, facendo notare che le pressioni transitorie so da intendersi come la causa dei recenti aumenti dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia ma che le previsioni sull’inflazione della Fed rimangono, nel lungo periodo, stabili.  Inoltre la Fed si attende che il comparto del lavoro dovrebbe iniziare a riprendersi nei prossimi mesi, sebbene la disoccupazione resterà elevata intono all’8,9% fino alla fine dell’anno.

Le stime della Fed sulla crescita economica, tuttavia, sono meno incoraggianti; esse sono state riviste al ribasso al 2,7% dal 2,9% rispetto alle stime precedenti del 3,1% e del 3,3%.

Se le stime della crescita sono state riviste al ribasso, la dichiarazione della Fed che non si avranno altri piani di QE in futuro viaggia parallelamente. E ciò avrà conseguenze che andranno ben oltre i confini dell’economia statunitense.

Quindi perché il dollaro statunitense deve essere più forte?

Come ben risaputo, il dollaro è da molto tempo considerato la valuta di riserva mondiale.  Sostanzialmente ciò significa che quando gli investitori mondiali, ossia le banche centrali e le istituzioni finanziarie, desiderano mettere da parte denaro per soddisfare esigenze o obblighi futuri, essi hanno bisogno di farlo detenendo dollari. Inoltre anche le materie prime come oro e petrolio sono quotate in dollari e quindi devono esserci sufficienti risorse disponibili per soddisfare la domanda futura di queste commodities.

È inoltre importante capire che gli Stati Uniti sono il più grande paese debitore del mondo. Ciò rende anche il mercato delle sue obbligazioni il più grande del mondo cosa che richiede un ambiente di grande liquidità sia per i risparmiatori che per gli investitori.

Dal momento che il dollaro si è svalutato in seguito all’attuazione del programma di QE della Fed e all’aumento del deficit statunitense, i modelli di risparmio degli investitori mondiali sono cambiati di conseguenza. Per definizione, ogni risparmiatore desidera preservare il valore dei suoi risparmi, ma anche quando a svalutarsi è la valuta di riserva il risparmiatore deve prendere dei provvedimenti per preservare il valore dei suoi fondi.

Quindi cosa accade agli investimenti mondiali? Nel mercato obbligazionario, aumentano    le immobilizzazioni materiali quali oro, petrolio e prodotti agricoli ( ma si ricordi che anch’essi sono espressi in dollari).  Da lì si passa ad altre attività ad alto rendimento (ossia rischiose) considerate necessarie per compensare il deprezzamento del dollaro.

Questa in realtà è un’arma a doppio taglio. Il salto verso attività a più elevato rendimento porta a un aumento dell’inflazione globale e lo spostamento di denaro verso paesi quali Cina e India si traduce in una stretta dei tassi in quei mercati.  E, dal momento che entrambi tali mercati emergenti stanno guidando la ripresa a livello mondiale, più elevati tassi di inflazione fanno diminuire la crescita e quindi a sua volta si rallenta la ripresa globale.

Ecco la conclusione: perché ci sia una crescita equilibrata devono verificarsi due cose. Primo deve concludersi il piano di QE. Secondo, è necessario che si riduca il deficit del bilancio statunitense grazie a un programma economico credibile.

Ciò avrà come risultato un rialzo del dollaro, un aumento dei risparmi nei paesi occidentali e una diminuzione del livello dell’inflazione. Ma tutto questo non potrà verificarsi in assenza di uno qualunque dei suddetti fattori. Se continuerà il piano di QE e il governo statunitense non ridurrà drasticamente il deficit di bilancio, si amplificherà la volatilità nei mercati.  E quale ne sarà il risultato? Un’altra crisi dei mercati.

Come si può fare trading in questa situazione?

La fine del QE è un primo passo verso la giusta direzione. Ciò costringerà tutte le attività che hanno tratto beneficio dalla situazione caratterizzata da inflazione elevata/bassi livelli del dollaro a cercare supporto nei pivot points.  Per questo ci focalizzeremo su livelli più bassi per Euro, GBP e oro, che si sa traggono vantaggio da livelli inflazione elevata.

Per costruire livelli di supporto che durino nel tempo è necessario che si attui un vero programma di tagli del bilancio statunitense. Nel breve periodo, tuttavia, la fine del QE2 sta preparando la strada per una correzione di medio termine che si verificherà nel prossimo mese e durerà fino alla fine del trimestre.

A cura di: eToro


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