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Europa: la Grecia si salva, ma il pericolo incombe


La nazione Greca ancora una volta ha scritto la storia, giungendo quasi alla bancarotta, ma riuscendo a salvarsi per un soffio. Che si tratti di pura fortuna o istinto di sopravvivenza del Paese non è chiaro, ma è probabile che ne l’una ne l’altro saranno sufficienti per evitare il ripetersi a breve della medesima situazione.

Così, nonostante il successo da parte del governo Greco nelle votazioni di Mercoledì e Giovedì sui provvedimenti di austerità e sulla loro attuazione, il pericolo di bancarotta finanziaria continua ad essere in agguato. Sia gli analisti che gli investitori condividono la convinzione che la “fortuna” del Paese potrebbe presto esaurirsi, e la prova di ciò è evidente nel crescente differenziale tra i bunds tedeschi e le obbligazioni non solo Greche, ma anche quelle di tutte le nazioni con problemi di bilancio dell’Eurozona.

I buoni del Tesoro dell’Eurozona che sono stati messi all’asta durante lo scorso anno hanno evidenziato un definito trend rialzista. All’asta di Venerdì, il differenziale di rendimento delle obbligazioni Greche a 2 anni rispetto ai bunds Tedeschi a 2 anni è sceso di 14 punti base al 26,93%; non troppo male, ma ciò è avvenuto solo dopo una caduta di 200 punti base all’inizio della settimana. In effetti, le obbligazioni periferiche provenienti da Spagna, Italia e Portogallo hanno ridotto il proprio differenziale rispetto al bund Tedesco, un fattore di rischio e la paura del contagio. In poche parole, gli investitori continuano a dubitare che la Grecia possa compiere un altro miracolo, ma se questa volta dovesse fallire, porterebbe dietro di se anche i Paesi periferici con più problemi.

Gli Stati Uniti: è tempo di rendere nuovamente il “dollaro onnipotente”

Gli Stati Uniti ed il mondo hanno bisogno di un Dollaro Stati Uniti più forte. Ciò si tradurrebbe in una minore inflazione globale ed in un più alto tasso di risparmio tra le nazioni sviluppate del mondo occidentale. È realizzabile un rafforzamento del biglietto verde? La recente conclusione dell’ultimo programma di alleggerimento quantitativo della Fed è almeno il primo passo nella giusta direzione. Ma in questo momento, ci sono ancora altri venti che si oppongono ad una rafforzamento della valuta degli Stati Uniti.

La Federal Reserve è ancora in una posizione molto indesiderabile, tra la proverbiale incudine ed il martello. Nell’ipotesi più rosea la crescita è lenta, in particolare nei settori della produzione e della distribuzione; gli analisti di BNP Paribas e gli stessi della Fed credono entrambi che i problemi a carattere transitorio potrebbero presto risolversi e aprire la strada verso la crescita, ma non prima della seconda metà dell’anno. Sul fronte dei consumi, il mercato immobiliare rimane in stasi, e l’orientamento alla spesa e l’ottimismo dei consumatori sono tiepidi nel migliore dei casi.

L’inflazione, inoltre, rimane un grave problema per la Fed; l’inflazione primaria sta facendo crescere l’inflazione sottostante, a causa prevalentemente dell’aumento dei prezzi dell’energia. Ciò premesso, la Fed non vorrà aumentare i tassi di interesse fino a quando l’inflazione non sarà ritornata entro la loro zona di riferimento del 2%. Ma questa non è una certezza. Mentre Ben Bernanke e la Federal Reserve hanno dichiarato che non è in programma alcun ulteriore alleggerimento quantitativo, solo una riduzione dell’inflazione garantirà che la Fed manterrà questo impegno.

Con un’inflazione primaria e sottostante che continuano a rimanere elevate, è probabile che nel prossimo trimestre gli investitori possano assistere ad alcune mosse restrittive da parte della Fed, anche in presenza di una crescita lenta. La situazione rimarrà così fino a quando ci sarà la possibilità, anche remota, che potrebbero essere imminenti ulteriori stimoli, ed un dollaro debole continuerà ad orientare gli investitori verso attività speculative, quali le materie prime.

Cina: è ancora la chiave per la crescita globale

La Cina, tra tutti i mercati emergenti, è considerata la chiave per la crescita globale. Purtroppo, la crescita in Cina sta rallentando in un momento in cui gran parte del mondo dipende da essa. Tale rallentamento della crescita è il risultato desiderato di diversi fattori, tra cui il tentativo del governo di Pechino di controllare l’inflazione attraverso una stretta monetaria, un peggioramento delle condizioni di produzione ideali nel settore manifatturiero (ad esempio, un aumento dei costi, le interruzioni di energia, e le condizioni creditizie più restrittive) e un ambiente internazionale meno reattivo. Gli analisti si aspettano che la crescita rallenti ancora di più nel prossimo trimestre.

A Maggio l’inflazione in Cina è salita al 5,5%, contro il 3,1% del Maggio 2010. Questo aumento è in gran parte dovuto dall’inflazione dei prezzi alimentari che rappresenta circa il 31% dell’Indice dei Prezzi al Consumo (CPI). Questo cifra è destinata a continuare a salire, a causa sia della crescita dei prezzi delle materie prime sia della recente scarsità dei raccolti in Cina. L’inflazione primaria ha continuato ad accelerare in modo allarmante, raggiungendo un massimo storico del 2,4% a Maggio; si ritiene adesso che l’inflazione primaria sia spinta da effetti secondari inflazionistici. BNP Paribas ritiene che l’inflazione raggiungerà il picco nei mesi estivi, con un probabile rallentamento successivo dovuto in parte ad un’ulteriore stretta monetaria da parte della Banca Centrale della Cina.

I tassi di interesse reali in Cina sono ancora molto bassi e rimangono vicini al tasso medio di crescita che prevaleva prima del 2009. Da Ottobre 2010, il tasso di riferimento per i prestiti ad 1 anno è stato aumentato quattro volte, passando dal 5,31% al 6,31%. Anche gli obblighi relativi alle riserve delle banche sono stati aumentati e si sono stabilizzati al 21,5% per le grandi banche, rispetto al 15,5% all’inizio dell’anno.

Potrebbe esserci un brusco risveglio? Gli analisti di BNP Paribas non la pensano così. Nonostante l’incertezza della domanda esterna dovuta al fiacco andamento internazionale, il fatto che l’economia Cinese si sia sviluppata più orientata al consumo ha fornito una certa stabilizzazione per le previsioni di crescita. La spesa delle famiglie è robusta, così come lo sono gli investimenti pubblici in infrastrutture, ma anche se così non fosse, il governo di Pechino ha a sua disposizione i mezzi finanziari per ampliare i progetti di investimento del governo per stimolare i consumi. Inoltre, se necessario, il governo ha la possibilità di modificare una o tutte le restrizioni monetarie messe in atto durante parecchi mesi passati.

A cura di: eToro
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