Quest’ultimo fine settimana si è tenuto a Davos (Svizzera) l’annuale meeting internazionale dei principali leader politici ed economici , il World Economic Forum, dal titolo Resilient Dynamism. L’umore generale, se non proprio euforico, è stato perlomeno molto meno pessimista rispetto all’anno scorso, quando si sono diffuse preoccupazioni sulla prospettiva di una frammentazione all’interno dell’Eurozona. A detta dei funzionari politici e dei vari leader che hanno partecipato al meeting, adesso la preoccupazione reale è il compiacimento verso diverse carenze strutturali nella zona Euro che i governi, collettivamente e singolarmente, dovranno presto affrontare.
Ma questa noncuranza potrebbe essere più diffusa di quanto ci si aspetti; al termine di una riunione a porte chiuse, alla quale hanno partecipato funzionari governativi, funzionari sindacali e banchieri, sia centrali che commerciali, il Ministro delle Finanze svedese, Anders Borg, ha dichiarato di aver notato una netta divisione tra la percezione dei problemi da parte degli operatori dei mercati finanziari (che danno i problemi dell’Eurozona come quasi risolti) e dei governi coinvolti, nonché le persone che sono colpite dal malessere economico.
Il Presidente della UBS, Axel Weber, ritiene che il ruolo della Banca Centrale Europea, così come la condotta delle banche centrali dei membri UE, sia stato sopravvalutato, e che è il momento di rivalutare alcune delle alte aspettative. Anche il Governatore della Bank of Canada, Mark Carney, ha espresso la sua opinione, affermando che sia troppo presto per questo grado d’ottimismo. Un economista dalla Cina, David Daokui Li, ha parlato di rischi potenziali per quest’anno, inclusa l’incapacità del governo americano di affrontare i numerosi problemi fiscali, per esempio il Fiscal Cliff e la questione del tetto del debito, in ogni modo significativo. Egli ritiene che vi sia una probabilità del 30% che potrebbe ripetersi una crisi simile a quella vista nel luglio 2011.
Dal primo gennaio l’Euro ha stabilmente guadagnato sul Dollaro Americano, con una crescita migliore del 2% in meno di un mese. Gli analisti dicono che i vari fondamentali in gioco, sia nell’Eurozona che negli Stati Uniti, potrebbero offrire supporto all’Euro nel lungo periodo, ma il sostegno alla moneta unica dipende in gran parte dai funzionari politici dell’Eurozona, e la palla, come si dice, è nel loro campo.