Di: DailyForex
Per molti anni la bilancia commerciale del Giappone è rimasta positiva: il paese era infatti uno dei maggiori esportatori al mondo. Il Giappone deve però importare la maggior parte dei materiali grezzi di cui ha bisogno, e il costo delle importazioni sale quanto più basso è il valore dello yen. Il paese è dunque al momento in una situazione di deficit commerciale (il che significa che il valore dei beni e dei materiali che importa è superiore alle entrate provenienti dalle esportazioni) con il resto del mondo. Nell’ultimo anno, quando il costo delle importazioni è salito del 19,6%, il deficit si è quasi raddoppiato, arrivando ad ammontare a luglio 10,5 miliardi di dollari.
Nonostante la recente rinascita contro il dollaro, dovuta a motivi tecnici, da novembre dello scorso anno lo yen ha perso circa un quarto del propri valore. Da una parte questo da un vantaggio ai beni esportati dal paese nipponico nei mercati d’importazione (sui recenti tassi di cambio), ma dall’altra aumenta il costo dei materiali grezzi e di altre importazioni. Nonostante la recente debolezza dello yen, l’economia giapponese è rallentata, da un tasso di PIL annualizzato del 4,1% nel primo trimestre ad un tasso del 2,6% nel secondo.
Il governo di Shinzo Abe ha reso la ripresa della crescita una delle politiche chiave. Allo stesso modo ha voluto mettere fine al ciclo di deflazione che per molti anni aveva tormentato l’economia del Giappone. La Bank of Japan vuole vedere l’inflazione aumentare fino al 2%. Per questo è improbabile che il Giappone venga allontanato dalle attuali politiche, che probabilmente porteranno lo yen a svalutarsi ulteriormente contro altre valute importanti.
Il Ministero delle Finanze ha però fornito una prova che lo yen più debole sta contribuendo ad aumentare le esportazioni del paese. A luglio le spedizioni dal Giappone sono aumentate del 12,2% rispetto ad un anno fa, mentre le esportazioni verso la Cina, a luglio 2013, sono risultate superiori del 9,5% rispetto al livello registrato nel 2012. A luglio anche le esportazioni dirette negli USA erano decisamente più alte, con una crescita del 18,5% rispetto a quanto registrato l’anno precedente.