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Cattivi Presagi per l'Aumento dei Tassi ad Ottobre

Di Dr.Mike Campbell
Dr. Mike Campbell è uno scienziato ed uno scrittore freelance inglese. Mike ha conseguito il suo dottorato di ricerca a Ghent (Belgio) e, dopo aver lasciato il Regno Unito, ha lavorato in Belgio, Francia, Monaco e Austria. Come scrittore, si è specializzato nell’ambito economico, scientifico, medico e ambientale.

Sin dalla conclusione del Tapering, ogni meeting della Federal Reserve è stato atteso con ansia, come se ogni riunione fosse quella che avrebbe posto fine alla politica a tassi zero negli Stati Uniti, e i tassi d’interesse avrebbero iniziato il loro lungo viaggio verso livelli storicamente normali. Eppure, questo viaggio deve ancora iniziare.

Uno dei fattori che ha portato la Fed a rinviare l’aumento dei tassi questo mese è stata la tendenza al ribasso presa dai livelli di creazione di posti di lavoro (sebbene il tasso di disoccupazione nel complesso sia rimasto invariato). Inoltre, i mercati statunitensi, come quelli di tutto il mondo, hanno sofferto la tensione per l’incerto tasso di crescita cinese. Un aumento dei tassi d’interesse negli USA avrebbe un effetto a catena sulle altre economie, eppure, l’impegno della Federal Reserve è verso l’occupazione e la stabilità dei prezzi negli Stati Uniti, perciò nel processo decisionale questa può essere solo un fattore derivato.

Sono stati due i fattori principali che rendono improbabile un aumento dei tassi ad Ottobre. Primo, le vendite al dettaglio negli Stati Uniti sono cresciute ad un ritmo molto più lento del previsto, aumentando solo dello 0,1% il mese scorso, appena la metà del tasso previsto. Si è speculato sul fatto che i nervosismi dati dai deboli livelli di creazione di posti di lavoro abbiano reso i consumatori più attenti alla spesa, eppure, questo è improbabile. La natura dell’uomo prevede infatti che le persone si considerino immuni dalla perdita del posto di lavoro, in più, stiamo vivendo un rallentamento nella creazione di posti di lavoro, non un aumento della disoccupazione. La vendita di automobili è salita leggermente, ma se la vendita di materiali da costruzione e carburanti non è compresa nei dati, la parte “core” delle vendite è scesa dello 0,1%.

Secondo fattore: un rapporto della Federal Reserve stessa suggerisce che un Dollaro più forte sta compromettendo la crescita, mandando in stallo la produzione manifatturiera (chiaramente, di merci intese per l’esportazione, poiché essendo comunque espresso in Dollari il valore delle merci, il valore esterno della valuta non ha effetto diretto sulla domanda interna).

Quando il tasso d’interesse sale, ci si aspetta che il Dollaro salga contro le altre valute più importanti, visto l’aumento (trascurabile!) dei rendimenti del possesso del Dollaro, rendendolo più appetibile e facendolo dunque salire.

È probabile che la Fed mantenga un approccio cauto alla normalizzazione dei tassi d’interesse, e dunque se i segni per l’economia in termini di inflazione (che si aggira ben al di sotto del target allo 0,2%), creazione di posti di lavoro e spesa dei consumatori rimarranno un po’ spenti, i tassi rimarranno invariati. Un aumento (teoricamente) terrebbe a freno l’inflazione, rafforzando la posizione del Dollaro nei mercati Forex. È davvero tempo per una mossa del genere?

Dr.Mike Campbell
Informazioni su Dr.Mike Campbell
Dr. Mike Campbell è uno scienziato ed uno scrittore freelance inglese. Mike ha conseguito il suo dottorato di ricerca a Ghent (Belgio) e, dopo aver lasciato il Regno Unito, ha lavorato in Belgio, Francia, Monaco e Austria. Come scrittore, si è specializzato nell’ambito economico, scientifico, medico e ambientale.
 

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