La XI Conferenza delle Parti (COP21), sotto la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui mutamenti climatici, ha promulgato un accordo globale per limitare il futuro riscaldamento globale portandolo al di sotto di 2° C, oltre i livelli preindustriali. L’adozione formale dell’accordo, venerdì 22 aprile, da parte della comunità internazionale, rappresenta un grande passo nello sforzo di prendere una posizione comune contro il riscaldamento globale.
I leader mondiali si sono riuniti venerdì alle Nazioni Unite per due giorni di meeting, e sabato notte è stato approvato l’accordo di Parigi, un decisivo trattato globale per limitare il cambiamento climatico che era stato discusso al summit COP21 tra novembre e dicembre 2015 a Parigi.
Il patto è stato siglato da 175 nazioni, in quello che è stato il documento internazionale firmato dal maggior numero di nazioni in una sola giornata, numero che supera il record di 119 firme registrate il giorno di apertura delle firme, per sottoscrivere l’accordo internazionale stabilito con la Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare nel 1982.
In passato questi patti richiedevano che economie avanzate, come quella statunitense, intervenissero per ridurre le emissioni di gas serra, che però hanno esentato paesi come la Cina e l’India dagli obblighi previsti. Stavolta, anche questi paesi fanno parte delle nazioni firmatarie.
Più di 60 capi di stato e di governo, incluso il Presidente della Repubblica francese François Hollande, il Vice Premier cinese Zhang Gaoli, il Primo Ministro canadese Justin Trudeau e il Segretario di Stato americano John Kerry, hanno preso parte al meeting a New York.
Ratificazione
Il prossimo passo prevede che le single nazioni ratifichino l’accordo per poterlo rendere legalmente vincolante. Sono richieste le firme di almeno 55 nazioni per poter ratificare l’accordo, e deve coprire almeno il 55% di emissioni. Avendo firmato l’accordo di Parigi i paesi possono ratificare il trattato in qualsiasi momento, cosa per la quale si prevede servirà un po’ di tempo, essendo un passo più complicato.
15 nazioni sono arrivate al meeting delle Nazioni Unite con gli strumenti per la ratifica pronti, che sono stati utilizzati immediatamente dopo la firma. Queste includono piccole isole come le isole Marshall Islands, Barbados, Fiji, Tuvalu e Mauritius, così come la Somalia, aree maggiormente minacciate dall’impatto del cambiamento climatico. Secondo i dati del World Resources Institute, questi paesi insieme sono responsabili di non più dello 0,4% delle emissioni di gas serra.
Il processo di firma rimarrà aperto solo fino al 21 aprile 2017, ma non c’è una scadenza precisa per la ratifica. Si prevede che le due condizioni (un minimo di 55 paesi con almeno il 55% di emissioni globali) verranno soddisfatte prima della scadenza del protocollo di Kyoto del 2020, e l’accordo di Parigi che entrerà in vigore in quel momento. I paesi possono continuare a ratificare e ad entrare a far parte dell’accordo anche dopo questa data.
Alcuni dei paesi principali, inclusi Francia, Stati Uniti e Canada, hanno preso l’impegno di ratificare l’accordo entro la fine dell’anno.
Il Segretario Generale Ban Ki-Moon ha indetto il meeting il 22 aprile, stesso giorno dell’Earth Day, evento annuale che segna l’anniversario della nascita del movimento ambientalista moderno nel 1970, in modo che servisse a ricordare che l’azione contro il cambiamento climatico deve proseguire ai massimi livelli.
2015 Più Caldo Del 2014
Le statistiche sostengono le preoccupazioni di Moon per un’immediata azione contro il cambiamento climatico. Secondo l’Agenzia meteorologica giapponese, ognuno degli ultimi 11 mesi è stato più caldo della media del ventesimo secolo. Le statistiche della NASA mostrano che il 2015 è stato addirittura più caldo del record stabilito precedentemente nel 2014.
Secondo gli scienziati, l’accordo di Parigi costituisce solo una parte della soluzione al riscaldamento globale. Riuscirà a ridurre le emissioni di gas serra della metà, quanto basta a contenere un aumento della temperatura atmosferica di 2 gradi Celsius, o 3.6 gradi Fahrenheit, il punto al quale secondo loro, il mondo raggiungerà un punto di non ritorno in quanto a carenza di cibo e acqua, provocando un aumento dei livelli del mare e altre conseguenze disastrose dovute all’eccessiva temperatura atmosferica.
Secondo Moon, i paesi che inquinano non sembrano prendere la situazione abbastanza seriamente, ed evitano di prendere l’impegno di rendere ecosostenibili le loro economie, cosa che potrebbe trasformare l’accordo di Parigi da un test sulla cooperazione internazionale a punto di svolta nel riscaldamento globale.
Negli Stati Uniti il piano climatico del Presidente Barack Obama ha incontrato resistenza alla Corte Suprema, dove è stata bloccata la legge sulle emissioni degli impianti a carbone. Ci sono paesi, tuttavia, che sono riusciti a portare a termine i loro sforzi. Il fondo sovrano norvegese ha preso le distanze da numerose società che fanno troppo affidamento sui combustibili fossili, mentre la Fondazione Rockefeller li ha abbandonati completamente.
Moon ha ricordato a tutti i partecipanti che la firma è solo il primo passo nel processo, e che è necessaria un’azione rapida ed efficiente se si vuole che l’accordo vada a buon fine.