Il parlamento argentino ha avallato una legge che permette al governo di risolvere la lunga disputa sul default sovrano della nazione del 2011. La crisi finanziaria che ha trasformato l’Argentina da figura di spicco per le riforme economiche alla fine degli anni ’90 ad un raro esempio di default sovrano, può essere riportata alle crisi finanziarie che hanno travolto altri stati e regioni, e che alla fine hanno avuto un effetto domino sull’Argentina, i cui provvedimenti ad ogni modo, sono stati presi troppo tardi e in modo inadeguato.
A seguito di un periodo di instabilità civile e politica, la nazione è incorsa in un default di 100 miliardi di Dollari di debito nel 2001, il più grande default sovrano nella storia. Il problema in ampia parte non era con chi deteneva il debito argentino nel 2001, ma con i cosiddetti “Fondi Avvoltoio”, che hanno acquistato il debito argentino subito dopo lo scoppio della crisi per pochi centesimi di Dollaro. Buona parte di questi creditori aveva base a New York, stringendo accordi con l’Argentina per accettare un taglio del valore nominale dei loro investimenti nel 2005 e di nuovo nel 2010.
I creditori americani hanno vinto la battaglia delle corti statunitensi, portandoo l’Argentina ad un secondo default sovrano nel 2014 (anche se di portata nettamente inferiore). Questi creditori detenevano circa il 7% del debito originale. L’accordo di questa settimana spiana la strada al pagamento di 4,7 miliardi di Dollari (circa il 75% del valore nominale del debito e molto, molto di più di quanto lo pagarono) ai fondi avvoltoio per far chiudere il cerchio.
Se l’Argentina, a seguito dell’accordo, avesse nuovamente accesso ai mercati finanziari, vedrà i costi di prestito ridotti di circa la metà, circa al 5%, com’è tipico per le nazioni di quella regione. Dovrebbe anche rendere più semplici gli investimenti verso l’Argentina ed incoraggiare le attività internazionali.