In questi giorni il nuovo poliziotto finanziario globale non è un presidente bancario o il CEO di una società nel settore dei servizi di sicurezza. Sempre più presente nelle notizie di prima pagina, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che lancia avvertimenti su imminenti disastri economici e porta avanti importanti campagne sul fronte delle imposte, sembra essere onnipresente.
L’OCSE è un’organizzazione economica internazionale composta di 34 paesi, inclusa la maggior parte dei paesi europei, Stati Uniti, Australia, Canada, Giappone, Messico e Turchia, fra gli altri. Fondata nel 1961, aveva come scopo la promozione della “crescita economia, prosperità e sostenibilità dello sviluppo” fra i paesi membri e non. Due volte all’anno pubblica una relazione economica che guarda alle prospettive mondiali, e che è tenuta in grande considerazione dagli economisti per la sua precisa copertura di informazioni importanti.
Secondo il sito ufficiale, l’OCSE “mette a disposizione un forum in cui i governi possono lavorare insieme, per condividere le esperienze e cercare soluzioni ai problemi comuni”. Questo significa lavorare con i governi e comprendere cosa fa muovere il cambiamento economico, sociale ed ambientale, e misurare la produttività, il commercio globale e i flussi d’investimento. Analizza e compara inoltre i dati per prevedere i trend futuri, e stabilisce standard internazionali su un’ampia gamma di settori, dall’agricoltura, alle sostanze chimiche e alle imposte.
Trasparenza Fiscale
Le imposte per l'appunto, sono un’area monitorata da vicino dall’OCSE e dal suo direttore Pascal Saint-Amas, direttore della politica e amministrazione fiscale, che attualmente sta portando avanti un’importante campagna internazionale per stabilire degli standard fiscali per le economie del ventunesimo secolo. Un estratto da un articolo del 24 maggio pubblicato dall’OCSE ha indicato la crisi finanziaria del 2008 come catalizzatore per i progressi fatti nella coordinazione fiscale globale. È stato solo nel 2009, all’apice della crisi che il G20 ha posto fine al segreto bancario, e che i 20 paesi membri hanno promesso di prendere provvedimenti contro giurisdizioni non cooperative, inclusi i paradisi fiscali. I paesi di tutto il mondo hanno accettato di lavorare insieme per combattere l’evasione fiscale transnazionale.
Gli sforzi hanno portato successi, soprattutto recentemente con la pubblicazione dei Panama Papers, che hanno portato la trasparenza fiscale a livelli mediatici ancora più alti. Questi sforzi, tuttavia, hanno fatto poco per promuovere la crescita globale, secondo l’OCSE. Nelle ultime previsioni economiche dell’OCSE pubblicate mercoledì, l’organizzazione ha dichiarato che la crescita ha “sofferto negli ultimi otto anni, con le economie OCSE che hanno lottato per raggiungere solo una media del 2% annuo, e quella dei mercati emergenti è rallentata, con alcuni che sono entrati in una profonda recessione”. L’OCSE ha ridotto le proprie previsioni di crescita globale, e avvertito i policy makers mondiali di “agire ora” per prevenire “una crescita lenta e persistente”, così come un’altra recessione economica.
Secondo il capo economista dell’OCSE Catherine Mann: "Il prolungato periodo di bassa crescita ha dato vita ad una trappola che si autoalimenta. Le imprese hanno scarsi incentivi a investire vista l'insufficiente domanda sia interna che globale, le continue insicurezze e il ritmo lento delle riforme strutturali”.
Inoltre, ha aggiunto: “...Nonostante l’OCSE prevede che il tasso di disoccupazione scenderà al 6,2% entro il 2017, 39 milioni di persone rimarranno ancora senza lavoro, circa 6,5 milioni in più dei livelli pre-crisi”.
La Mann ritiene che per incoraggiare la crescita globale, i policy makers devono coordinare le politiche fiscali e strutturali per spingere le economie al progresso e allo sviluppo, piuttosto che fare affidamento su politiche monetarie come pacchetti di stimolo, utilizzate dalle banche centrali negli Stati Uniti, Eurozona, Regno Unito e Giappone. Queste politiche includono un aumento della mobilità e delle capacità del mercato del lavoro; un miglioramento della competizione, innovazione e dinamismo del mercato, così come di una più solida stabilità del mercato finanziario e del suo funzionamento.