Il prezzo del petrolio greggio è crollato dai 139$ di giugno 2008 (prima che colpisse il momento peggiore della grande crisi finanziaria), risalendo a 125,9$ (giugno 2011) prima del crollo di febbraio che ha portato un calo dei prezzi a 36,67$. Attualmente il prezzo si trova a 48,2$ (prezzi del crude oil della Brent). I motivi del collasso fra l’estate 2011 e adesso, hanno avuto ampiamente a che fare con il rallentamento della produzione economica (in particolar modo in Cina), con l’utilizzo del petrolio statunitense dal gas di scisto e con una sovrapproduzione di petrolio sui mercati internazionali, fattori questi che vanno ad aggiungersi all’incapacità dell’Opec di tenere sotto controllo la produzione.
La produzione di petrolio dai depositi di argillite è molto più cara della produzione tradizionale, e attualmente questi depositi ricavano profitti minimi o sono troppo costosi per trarne vantaggi economici.
L’Opec ha annunciato un accordo preliminare per ridurre la produzione, (sperando) così di esercitare pressione al rialzo sui prezzi del greggio. Sperano di concludere l’accordo a novembre, quando l’inverno dell’emisfero nord darà impulso stagionale ai prezzi, visto l’aumento della domanda dai produttori energetici. È probabile che la riduzione equivarrà a 700.000 barili in meno al giorno (la produzione globale è di 97 milioni di barili al giorno): meno dell’1% della produzione globale. La riduzione nel blocco non sarà proporzionale, perché per esempio all’Iran è permesso aumentare la produzione. Il cartello dell’Opec è responsabile approssimatamente di un terzo della produzione mondiale di petrolio greggio, di circa 33 milioni di barili al giorno.
Alcuni si sono detti scettici sull’accordo, riferendosi ai futures del petrolio, dal momento che il taglio alla produzione (qualora ci sarà) non avverrà prima di novembre. L’annuncio ha fatto salire i prezzi del Brent di 3$, portandoli da 46 a 49$ a barile, ma da allora hanno già ricominciato a perdere terreno.