Questi pezzi corrono il rischio di essere trascinati nel regno della politica dagli eventi attuali. Ci stiamo rendendo conto di aver un problema quando l’Oxford English Dictionary sceglie la parola “post-truth”, post verità, come parola dell’anno, in omaggio agli sforzi di Donald Trump e dei sostenitori della Brexit. Tuttavia, in un’era in cui alcuni politici dicono qualsiasi cosa per ottenere il potere e poi abbandonano i bagagli ancor prima che finiscano le celebrazioni della loro vittoria, è difficile per il resto di noi discernere i fatti dalla “post verità”.
L’esempio più recente è quello della decisione (o forse la citazione) del nuovo presidente eletto di ritirare la partecipazione degli USA dal Partenariato Trans-Pacifico (TPP) durante il primo giorno della sua presidenza, e addirittura prima che l’accordo commerciale sia ratificato dagli stessi stati aderenti. Il cambiamento di opinione su argomenti diversi come il perseguire accuse penali contro la sua concorrente, Hillary Clinton; la riduzione del muro con il Messico ad una recinzione; l’ammorbidimento delle obiezioni in merito al cambiamento climatico antropogenico; la distanza presa dall’Alt right ed altre faccende, rende molto difficile capire la sua serietà in merito. A gennaio, saranno le azioni a parlare più delle parole.
Il TTP è stato accolto come un importante accorto che creerà posti di lavoro, stimolerà il commercio e ridurrà la burocrazia nei 12 stati firmatari (USA, Nuova Zelanda, Australia, Giappone, Malesia, Vietnam, Singapore, Brunei, Cile, Perù e Messico), rappresentando 800 milioni di persone. Lo scopo era di creare qualcosa di simile al mercato unico in UE, sulla base di politiche economiche e norme (a regolamentare commercio e servizi). Il blocco, come previsto, avrebbe contato circa il 40% del commercio mondiale.
I critici, compreso il signor Trump, affermano che l’accordo sia stato condotto troppo in segreto e abbia favorito le grandi imprese. All’interno degli Stati Uniti è stato affermato che il TTP mette a rischio i posti di lavoro e la “sovranità nazionale”.
Se venisse a mancare l’appoggio degli Stati Uniti, non si potrà proseguire con il TTP, poiché si richiede che all’accordo prendano parte un minimo di sei nazioni che rappresentano l’85% della produzione economica del gruppo, impossibile senza la partecipazione degli Stati Uniti. La ratifica doveva concludersi entro febbraio 2018, ma rimarrà in stand-by mentre i parnter degli Stati Uniti tenteranno di discernere la “post verità” dalla realtà.