Dopo Grecia e Irlanda, il Portogallo è stata la terza nazione ad aver avuto bisogno di un piano di salvataggio dal FMI/Eurozona durante il momento peggiore della grande crisi finanziaria. Il Portogallo non è riuscito a trovare fondi attraverso il mercato monetario internazionale ad un prezzo ragionevole; gli interessi sui bond decennali sono saliti dal 4% circa dei livelli pre-crisi, ad un picco del 14% (fra gennaio 2008 e gennaio 2012). Il Portogallo ha accettato un prestito di 78 miliardi di Euro nel 2011 per poter far fronte alle necessità di governo. Il prestito, con interessi, è arrivato assieme ad una serie di condizioni per riformare l’economia del paese e riportarlo verso un percorso economico sostenibile.
Questa settimana, la Commissione Europea ha annunciato che il Portogallo ha raggiunto l’obiettivo di riportare il disavanzo commerciale al di sotto dei target stabiliti dalla CE (così come di mantenerlo) prima di poter far parte dell’Euro: un valore inferiore o uguale al 3% del PIL. L’attuale deficit del Portogallo ammonta al 2% del PIL. Questo significa che il paese non è più soggetto alle procedure della CE per l’eccesso di debito.
Il Portogallo ha subìto misure di austerità durante il governo di centrodestra in seguito al piano di salvataggio, fra il 2011 e il 2015, quando il governo è caduto. Da quel momento, la coalizione socialista entrante è stata in grado di allentare parecchie delle impopolari misure di austerità introdotte dai suoi predecessori (e imposte come condizione per il piano di salvataggio).
In risposta all’annuncio della CE, il ministro delle finanze portoghese ha dichiarato: “Questo esprime il giudizio della Commissione che l’eccessivo deficit di bilancio del Portogallo è stato corretto in modo sostenibile e duraturo. La fiducia nell’economia portoghese inizia a riflettersi sulle istituzioni internazionali”.
Francia e Spagna, nessuna delle quali ha beneficiato di un prestito sovrano (anche se le banche spagnole hanno ricevuto un aiuto simile) al momento hanno un deficit di bilancio che supera la soglia dell’UE rispettivamente del 3,4 e del 4,5%.