Dal momento che la Grecia ha a che fare con la crisi del debito dagli ultimi giorni del 2009 e ha avuto bisogno di tre piani di salvataggio, la battaglia in corso fra la Grecia e i suoi creditori non è una novità. Il governo di Syriza, coalizione di sinistra, ha preso il potere con un mandato per porre fine alle misure di austerità del paese, per far cancellare (gran parte) del debito e, in certa misura, per far accettare queste condizioni all’Eurozona. Tuttavia, nonostante un referendum e le elezioni a sorpresa, il governo ha dovuto accettare che senza l’aiuto dell’UE e del FMI, la Grecia avrebbe dovuto dichiarare fallimento. Questo ha portato Syriza a dover accettare le riforme imposte dai creditori come condizione per continuare ad avere il loro sostegno, le riforme progettate (secondo loro) per guidare la Grecia verso la stabilità economica e la ripresa.
Nel terzo piano di salvataggio, come in quelli che lo hanno preceduto, vengono richieste delle riforme, e il denaro verrà erogato se si procederà con il programma concordato, che, naturalmente, incontra resistenza sia da parte della società greca che dal governo, ma, in definitiva, non c’è alternativa.
Supponendo che le misure proposte avranno l’approvazione parlamentare, la Grecia dovrebbe accettare ulteriori misure di austerità sotto forma di tagli alle pensioni dello 0,9% e una riduzione della soglia oltre la quale il reddito diventa tassabile. Le misure dovrebbero portare ad una riduzione della spesa di governo equivalente al 2% del PIL.
L’ultima erogazione dei fondi richiede l’approvazione dei ministri delle finanze dell’Eurozona al meeting che si terrà il 22 maggio, ma dovrebbe trattarsi di una formalità. Se i fondi verranno rilasciati, la Grecia potrà onorare il debito di 6,9 miliardi di Euro con Eurozona e FMI, che ha come limite luglio.
Il FMI ancora non è disposto ad erogare i fondi per il terzo piano di salvataggio a meno che l’Eurozona non sia d’accordo a tagliare parte del debito greco, che, sebbene sia una cosa ragionevole a livello economico, è inaccettabile a livello politico per la maggior parte dei governi creditori, a causa delle parecchie difficoltà che avrebbero nel far digerire la cosa ai cittadini, molti dei quali hanno dovuto affrontare misure interne di austerità dopo la crisi finanziaria globale.