Il Fondo Monetario Internazionale prevede che l'economia mondiale godrà quest'anno del suo miglior livello di crescita dal 2011. L'organizzazione ha riferito che la crescita globale dovrebbe attestarsi al 3,9% quest'anno e rimanere stabile a quel livello nel 2019. Tuttavia, non è tutto oro quel che luccica. Il FMI avverte che lo spettro di una guerra commerciale potrebbe vedere un rallentamento della crescita reale, dal momento in cui gli stati coinvolti erigono barriere al commercio che influenzano sì le nazioni interessate, ma che potrebbero anche indurre un effetto a catena.
Il rapporto solleva timori, perché sembra esserci “una diminuzione nel sostegno all'integrazione globale” e che i mercati finanziari, il processo di produzione e distribuzione globale e la diffusione di nuove tecnologie potrebbero bloccarsi a causa della creazione di ostacoli agli scambi, rischiando una riduzione della crescita globale. Il rapporto sottolinea che le misure protezionistiche (nazionali) hanno l'effetto di far salire i prezzi per gli utenti finali (consumatori).
Maurice Obstfeld, capo economista del FMI, non è convinto dalle asserzioni del presidente degli Stati Uniti secondo cui il deficit nazionale americano nel commercio può essere assistito generando barriere commerciali con vari partner commerciali globali. Trump ritiene che sia dovuto agli scarsi accordi commerciali dei suoi predecessori alla Casa Bianca e che a suo avviso, le nazioni esportatrici traggono un vantaggio ingiusto dagli Stati Uniti. Obstfeld sottolinea che il deficit degli Stati Uniti (in genere) sorge perché le spese della nazione superano il suo reddito, una situazione che i recenti tagli delle tasse da parte dell'amministrazione statunitense non faranno che esacerbare, almeno nel breve termine.
Le previsioni del FMI suggeriscono che il commercio globale si attesterà al 3,9%, sostanzialmente più forte di quanto previsto e in rialzo dal 3,7% (l'economia globale vale qualcosa come 78,3 trilioni di dollari, quindi un aumento dello 0,2% equivale a ulteriori 157 miliardi di dollari). Il rapporto suggerisce che la crescita negli Stati Uniti, nella zona euro e in Giappone sarà dello 0,5% più forte di quanto previsto nel 2017.
Il rapporto suggerisce che la Banca d'Inghilterra dovrà aumentare i tassi di interesse per ridurre l'inflazione che a suo avviso potrebbe essere spinta al rialzo dall'aumento degli accordi salariali in un contesto domestico di quasi piena occupazione. Il rapporto adegua la crescita del Regno Unito per il 2018 all'1,6%, ma prevede anche che rallenterà all'1,5% nel 2019.