Il Fondo Monetario Internazionale ha iniettato una nota di cautela su una serie di preoccupazioni che ritiene possano costituire una minaccia per la crescita dell'economia globale.
Le loro preoccupazioni sono presentate nel Rapporto sulla stabilità finanziaria dell'FMI che fornisce uno studio approfondito dei mercati e del settore bancario sulla scia della crisi finanziaria globale. Il rapporto avverte di “pericolose sottocorrenti” che rappresentano un rischio per l'economia globale. Pur concludendo che le banche sono molto più sicure rispetto a prima della crisi, sono emersi nuovi rischi. Conclude che la disuguaglianza nel mondo è aumentata e che l'intensificarsi delle guerre commerciali potrebbe “danneggiare significativamente la crescita globale”.
Un altro fattore che presenta rischi per la crescita globale è identificato come una Brexit disordinata che “influenzerebbe negativamente il sentimento del mercato”. Ciò potrebbe comportare una frammentazione dei mercati monetari europei che inibirebbe l'efficienza dei flussi finanziari, in particolare in Europa, ma con un potenziale per un disagio più diffusi. Il FMI esorta la Banca d'Inghilterra a essere pronta a iniettare ulteriore liquidità nell'economia del Regno Unito tramite un ulteriore allentamento quantitativo, nel caso di una Brexit “no deal”. È molto probabile che Mark Carney stia pianificando di fare proprio questo e alzare i tassi di interesse per puntellare la sterlina in caso di una Brexit disordinata.
All'inizio della settimana, il FMI ha osservato che le finanze del Regno Unito erano in un punto storicamente debole con alti livelli di debito nazionale e un basso livello di attività detenute dallo Stato, a seguito della cessione tramite la privatizzazione di consistenti attivi negli anni ‘80 e ‘90. Secondo questo rapporto, solo il patrimonio netto del Portogallo era in una posizione più povera rispetto a quella del Regno Unito tra i principali paesi industrializzati. Ha continuato suggerendo che il Regno Unito avrebbe bisogno di aumentare le tasse per compensare il basso livello di entrate che sta ricevendo dalle attività possedute dallo Stato.