La saga della Brexit è stata disseminata di menzogne, false promesse ed esagerazioni, in una certa misura, da entrambi i lati della discussione, ma in maggioranza da quelli che spingono per uno scisma tra il Regno Unito e il suo partner commerciale più grande e più vicino. La più grande bugia è stata che in qualche modo il Regno Unito potesse lasciare il blocco, cessare di pagare o seguire le direttive dell'UE (leggi) e godere ancora dei vantaggi dell'adesione al mercato unico perché “hanno bisogno di noi più di quanto noi abbiamo bisogno di loro” – “l’intortata” di Boris Johnson (“Io sono favorevole alla torta e favorevole a mangiarla tutta”). La realtà dei fatti è sempre diversa.
Per definizione, se il Regno Unito lascia l'UE, deve lasciare i vantaggi del commercio senza attrito e il pieno accesso ai servizi finanziari (una questione che sembra essere stata deliberatamente trascurata di recente), imponendo come minimo barriere non tariffarie e modificando la natura fondamentale della relazione commerciale tra il Regno Unito e i suoi partner dell’UE. Questo danneggiava l'economia, e l’argomento è stato deviato, con discussioni su una relazione “profonda e speciale”, un desiderio di commerciare senza attriti (per illudere la gente) e di mantenere i legami con i nostri amici nel continente.
Ora che il Regno Unito e l'UE hanno concordato l'accordo di ritiro, il governo ha pubblicato i probabili costi economici delle varie tipologie di Brexit (basate sul modello di Checkers piuttosto che sulla versione firmata, considerata meno favorevole per il Regno Unito). Non sorprende che dimostrino che anche nelle circostanze più favorevoli l'economia britannica verrà colpita significativamente.
Il governo ha prodotto un documento trasversale di 82 pagine che esamina tre scenari: un'adesione all'EEA in stile norvegese; il modello di Checkers (migliore rispetto allo scenario attuale) e una Brexit "”no deal”. Il colpo che l'economia del Regno Unito dovrebbe registrare in questi casi è di rispettivamente 60 miliardi di £, 100 miliardi di £ o 200 miliardi di £ all'anno. Il rapporto illustra l'influenza di vari scenari sul PIL in 15 anni. Conclude che un “no deal” si tradurrebbe in una contrazione del PIL del 9,3%; un accordo di libero scambio produrrebbe un colpo del 6,7%; il piano di Checkers invece una contrazione del 3,9%; e un white paper con scenari di scambi alternativi (accordi commerciali esterni) produrrebbe una contrazione del 2,5%. Mentre i numeri possono sembrare piccoli, si riferiscono a un valore del PIL del Regno Unito (attualmente) di circa 2,300 miliardi di sterline, quindi l'1% vale 23 miliardi di sterline.
Un sondaggio di Sky TV ha rilevato che il 19% degli intervistati ritiene che l'accordo della May valga il colpo per l'economia mentre il 63% ha dichiarato di no.