Mercati ben correlati, come affrontare l’ultima parte dell’anno

Stiamo approcciando la fine dell’anno e ci prepariamo a vivere un mese che, statisticamente parlando, è risultato in passato prevalentemente positivo per i listini azionari. Le borse americane durante quest’anno hanno mostrato dei trend rialzisti di tutto rispetto, con lo S&P500 che è passato da 2.440 a 3.150, mettendo a segno una variazione positiva di quasi il 30%, dimostrando ancora una volta come i flussi di capitale siano stati mossi dalla ricerca di rendimenti che, in un mondo di tassi ridimensionati rispetto al passato, sono difficilmente ottenibili sui mercati a reddito fisso. Ci troviamo attualmente di fronte ad una fase di prese di profitto, guidata a nostro parere dall’unico market mover in grado di essere prezzato dal mercato in questo momento, ovvero le questioni relative alla guerra commerciale.

SP 500

                                                                                   S&P500 - grafico giornaliero 

Le politiche monetarie di Fed e BCE

La Federal Reserve ha terminato la propria politica monetaria per l’anno, andando a mettere in pausa il ciclo di taglio di tassi che ha portato il costo del denaro dalla fascia 2.25%/2.50% a 1.50%/1.75% ed attualmente le probabilità scontate dai futures sui Fed Funds americani mostrano Novembre dell’anno prossimo come primo mese all’interno del quale poter assistere ad un ulteriore costo del denaro. Questo non significa che dovremo aspettare un intero anno prima di vedere la Fed muoversi ancora con degli aggiustamenti di politica monetaria, molto probabilmente accadrà prima, ma attualmente il mercato sta prezzando la possibilità che, per lo meno nel primo trimestre del 2020, non arrivino novità di sorta.

Sul fronte BCE sarà importante capire la forward guidance che Christine Lagarde vorrà trasmettere. Vedremo se lo farà nella sua prima conferenza stampa ufficiale, ma date le rilevazioni economiche dell’area euro e la credibilità che Mario Draghi è riuscito a dare all’istituto centrale durante gli ultimi anni, non crediamo che la nuova guida della BCE riesca a portare novità in grado di influire sul sentiment degli operatori già da subito. Occorrerà probabilmente attendere almeno i primi due mesi del prossimo anno affinchè qualcosa si muova a livello di aspettative di mercato.

Per quanto concerne le altre banche centrali, attualmente possiamo considerare tutto in pausa e continuiamo a monitorare l’attività degli istituti legati alle commodity currencies seguendo però possibili reazioni del mercato di breve periodo e non durature di fronte a possibili azioni, con il dollaro australiano in testa rispetto al neozelandese ed al canadese a livello di possibili tagli del costo del denaro.

La guerra commerciale ed i possibili scenari di mercato

Discorso brexit a parte, del quale parleremo nel corso delle prossime settimane dato che vedremo le elezioni anticipate in UK giovedì 12 dicembre, concentriamoci sull’unico market mover in grado di condurre ad aumenti di volatilità per il momento ascrivibili al breve periodo, ovvero la battaglia che Trump, l’uomo dei dazi sta portando avanti contro tutto il mondo. Non ci dilunghiamo su tecnicismi che annoierebbero (se vi serve raccogliere dei dati a riguardo potete contattarci e ne parleremo), focalizziamo la nostra attenzione su come i mercati stanno reagendo e sugli scenari possibili.

Siamo di fronte ad una fase di risk off?

Attualmente no, ma abbiamo modo di comprendere se essa potrà verificarsi, curando dei livelli di ragionamento, sul mercato valutario, sulle materie prime e sull’obbligazionario. Per comprendere bene quanto sta accadendo e come poter inquadrare i mercati, ci sembra più semplice, al fine della comprensione del nostro ragionamento, partire da un ragionamento opposto. Cosa succederebbe verosimilmente se ci trovassimo di fronte ad uno scenario di propensione al rischio? Partiamo da un dato di fatto. L’economia americana sta mostrando segni di rallentamento, con gli indici ISM che sono scesi sotto la soglia che fa da spartiacque tra espansione economica e contrazione, tuttavia non possiamo ancora considerarla come in recessione, il che, a livello di sentiment generale, risulta ancora positivo, tanto più che la Fed ha smesso di tagliare il costo del denaro per il momento. Non è dunque escluso che, se dovessero arrivare buone notizie sul fronte dazi, le borse potrebbero tentare il raggiungimento di nuovi massimi storici.

Il quadro valutario

All’interno di questo quadro, a livello valutario occorrerà valutare i movimenti del dollaro americano (contro le principali valute ad eccezion fatta della divisa cinese), delle valute rifugio e dello yuan. Partendo da quest’ultimo, è plausibile attendersi che se la situazione dovesse stemperarsi, potremmo assistere a rivalutazioni di yuan in quanto non sarà così necessario andare a recuperare competitività internazionale tramite la svalutazione del cambio. Non dimentichiamoci che la Cina deve ora perseguire una crescita sostenibile anziché tentare di massimizzarla e per far questo ha bisogno di una divisa in grado di muoversi liberamente sul mercato e di rivalutarsi nel tempo. Per quanto concerne le valute rifugio, nello specifico franco svizzero e yen, se dovessimo assistere a nuovi massimi sui listini con vendita di quest’ultime, significherebbe che gli operatori stanno indebitandosi in valute a basso costo al fine di acquistare attività legate al rischio. In ultimo, i gestori stanno iniziando a ribilanciare i portafogli per l’anno venturo e una componente di dollaro americano non è da escludere per due motivi. Il primo risiede nel fatto che il dollaro continua ad essere la valuta di riserva mondiale, ed in caso di problemi globali può risultare ancora una protezione, oltre a rendere ancora dei tassi che se confrontati con le altre major risultano potenzialmente remunerativi o per lo meno non costosi. Un quadro potenziale del genere potrebbe mostrare effetti moltiplicativi di volatilità su UsdJpy (acquisti di dollaro a livello generale uniti a vendite di yen), che ci confermerebbe l’accensione di una certa propensione al rischio.

Il quadro sull’oro

A livello di materie prime occorre guardare con grande attenzione l’oro. Di fronte ad una potenziale fase di risk on, esso potrebbe mostrare dei tentativi di correzione ribassista dovuti alla mancanza di necessità di proteggersi da discese pesanti dei listini, ma occorre considerare due altri fattori, il primo di breve periodo, il secondo di medio-lungo. Innanzitutto capire se il mercato tornerà ad essere dollarocentrico. Se così fosse (per capirlo occorre guardare un grafico del dollar index e vedere se prende direzionalità stabile), di fronte ad un dollaro comprato potrebbero intensificarsi i tentativi di estensione ribassista del metallo giallo, con effetti moltiplicativi di volatilità simili a quelli descritti per UsdJpy. Di contro, il fatto che esistono iniziali timori di un possibile incremento del rallentamento dell’economia a stelle e strisce potrebbe far considerare comunque una componente di oro nei portafogli per l’anno a venire, ma questo prescinde dal discorso dazi e si va a posizionare tra le logiche, come detto, di medio lungo (non escludiamo infatti che il 2020 possa essere in generale un buon anno per la materia prima).

indice dollaro

                                                                                Dollar index-grafico giornaliero

L’obbligazionario

Sul fronte bond invece, una fase di potenziale risk on dovrebbe risultare in vendite di obbligazioni con conseguente aumento dei rendimenti, ma stiamo notando dei trend decrescenti sul fronte rendimenti, soprattutto Usa, il che depone a favore di ragionamenti che vedono comunque una parte di liquidità investita in bond, il primo bene rifugio attualmente già acquistato dai gestori a protezione di potenziali scossoni.

Bene, ora che abbiamo capito cosa potrebbe succedere di fronte ad una fase di risk on, per il risk off, ovvero avversione al rischio, basta ribaltare totalmente il ragionamento e seguire eventuali approfondimenti ribassisti di UsdJpy (yen acquistati), un oro in salita e dei rendimenti sul reddito fisso Usa in ulteriore discesa, il che dovrebbe verificarsi con listini americani in approfondimento ribassista, che potrebbero trainare con sé anche quelli europei.

Non ci concentriamo in questa sede sui singoli livelli tecnici, per questo se volete avete a disposizione il Pepperstone Trading Hub, dove giornalmente andiamo ad analizzare i mercati ed i singoli strumenti finanziari sia in intraday che con approcci più di medio e lungo periodo quando necessari, ma abbiamo esplicitato i ragionamenti che guideranno le nostre scelte ed i nostri approcci durante le prossime settimane.

Matteo Paganini

Inizia la sua carriera direttamente nel mercato valutario, cominciando dal backoffice e dal market making (dove ha appreso i meccanismi tecnici di funzionamento del mercato forex), passando in seguito al front office, al risk management e alle gestioni patrimoniali. E’ diventato partner del primo broker valutario in Italia autorizzato a fornire servizi di intermediazione in cambi dalla Banca d’Italia ed è stato co-founder di FXCM Italia, del quale è diventato Chief Analyst, responsabile e coordinatore del team di analisti.Fa parte attualmente del management di Pepperstone all’interno del quale ricopre la carica di Managing Director per l’Italia, oltre che essere Chief Analyst per l'Europa.