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A volte ritornano: l’importanza dei dati macroeconomici

dati macroeconomiciCi accingiamo ad affrontare il nuovo anno con i mercati che vedranno il ritorno di buoni livelli di liquidità a partire dal 7 gennaio e che attualmente stanno vivendo una fase di risk off dovuta alle notizie che arrivano sul fronte iraniano relative alle comunicazioni arrivate dal Pentagono in cui si conferma l’uccisione del Generale Soleimani (che avrebbe attaccato l’ambasciata americana per ricordare la crisi ormai avvenuta 40 anni orsono dove oltre 50 persone furono tenute in ostaggio per più di un mese). Una fase di risk off ben caratterizzata della salita di valute rifugio e con l’oro che sta ben performando in concomitanza di borse che mostrano delle prese di profitto abbastanza sostanziose. Una fase di risk off che per il momento possiamo considerare ancora di breve periodo a causa della possibile escalation della crisi regionale in seguito alla risposta americana data all’Iran, che sta portando tensioni sui mercati.

Gli eventi più importanti

Episodio a parte, occorre focalizzare la nostra attenzione su quelli che potrebbero divenire i market mover più importanti durante questo primo mese dell’anno, dove avremo come eventi principali la firma della fase 1 per quanto concerne gli accordi commerciali tra Cina e Stati Uniti e la tanto attesa brexit. Ormai i mercati hanno scontato sia la firma della prima fase relativa ai dazi Usa, sia il fatto che la brexit avverrà e che l’uscita sarà un abbandono della Ue ordinato, con reazioni dei mercati che, come previsto, hanno mostrato rispettivamente una continua salita delle borse americane ed una salita del pound, prima di procedere a prese di profitto. A meno che arrivino novità sostanziali sui due fronti, ci attendiamo dunque nessuna sorpresa a livello di reazioni che dovrebbero mostrare i propri effetti soltanto nel breve periodo, per poi iniziare a guardare i dati macroeconomici. A dire la verità, per quanto concerne l’America, l’attenzione ai dati è già tornata, mentre per quanto concerne la Gran Bretagna, adesso è quasi il momento di concentrarsi su di essi. Ma spieghiamo meglio il nostro pensiero e le nostre considerazioni.

Occorre dividere il ragionamento in due parti. Le politiche monetarie di Usa e UK e gli eventi, dazi e brexit.

Partiamo dall’America. A livello di politica monetaria i giochi sono per il momento fatti. Ciclo di taglio del costo del denaro in pausa e primi ritocchi ai tassi scontati dai futures sui fed funds a partire da novembre/dicembre 2020. Il che significa nessuna aspettativa sulle mosse della Federal Reserve e concentrazione sull’inclinazione preoccupante della curva dei tassi che secondo diversi analisti sta anticipando una recessione. A nostro parere la situazione non è ancora determinata e non per forza si arriverà ad una recessione, ma occorre monitorare con attenzione i dati macroeconomici proprio perché saranno loro a darci una risposta e, ora che le aspettative sulla politica monetaria sono ben ancorate, essi risultano i fattori più importanti su cui concentrarsi (ed erano anni che non era così). Oltre a questo, occorre identificare elementi più di breve e medio periodo, in grado di condurre a movimenti direzionali e ad aumenti di volatilità. In questo quadro, la questione dazi si inserisce bene. Essa avrebbe potuto essere foriera di aumenti di volatilità di breve periodo e così è stato. Volatilità che avrebbe potuto condurre a movimenti rialzisti ogni qualvolta le notizie fossero state a favore di un accordo e viceversa, e così è stato. Ora, se avverrà la firma della fase 1, essa potrà considerarsi archviata e l’attenzione passerà alla fase due, per cui l’argomento rimarrà ancora sul tavolo con effetti probabili sulla volatilità, sempre però di breve periodo.

Per quanto concerne la Gran Bretagna invece, a livello di politica monetaria avremo da stare concentrati, in quanto essa si concatenerà all’analisi macroeconomica dei dati durante il periodo di transizione che accompagnerà Londra all’uscita definitiva dall’Unione Europea. Anche l’avvicendamento al vertice della Bank of England tra l’ex Carney ed il vecchio presidente della FCA (la Consob italiana per intenderci), pone delle incertezze, per cui tutti staremo a guardare se la BoE deciderà di tagliare il costo del denaro per aiutare l’economia. All’interno di questo quadro, gli elementi potenzialmente forieri di volatilità risulteranno presumibilmente tutti i rumor e le notizie che riguarderanno gli accordi commerciali bilaterali che la Gran Bretagna riuscirà a stipulare con i diversi Paesi con cui dialogherà.

L’Europa

Per quanto concerne l’Unione europea e tutta l’area euro nello specifico, le aspettative relative alla politica monetaria risultano abbastanza ben ancorate (su un nulla di fatto ed una politica di wait and see), ma lo spauracchio di una recessione ed il fatto che la BCE abbia mantenuto in essere la possibilità di procedere a portare i tassi in territorio negativo vanno a far sì che i mesi di marzo ed aprile potrebbero risultare delicati per le borse europee e l’euro. All’interno di questo quadro occorrerà ancora inserire il dollaro americano che, a livello di movimenti generali di lungo periodo potrebbe tornare a soffrire anche se, attualmente, il differenziale di tasso positivo tra esso e le valute principali risulta ancora un fattore che potrebbe determinare acquisti più di breve periodo.

Materie prime

L’oro, sia tecnicamente (bandiera di continuazione rialzista settimanale) che a livello macro, date le diverse tensioni economiche e geopolitiche che stanno caratterizzando gli ultimi mesi e che verosimilmente potrebbero caratterizzare i mesi a venire, è impostato per proseguire potenziali rialzi, con i livelli di attenzione da seguire verso 1600/1650, mentre il petrolio, se i Paesi produttori si comporteranno bene e rispetteranno gli accordi presi durante l’ultima riunione dell’Opec (dove si sono aumentati i tagli alla produzione e dove l’Arabia ha deciso spontaneamente di procedere ad ulteriori tagli, a patto che però tutti i partecipanti facciano quanto deciso, senza sgarrare), potrebbe performare in maniera positiva con livelli di attrazione che inizialmente possiamo identificare in 70 dollari al barile.

Rimaniamo a disposizione nei nostri appuntamenti quotidiani all’interno del Pepperstone Trading Hub per commentare i mercati ed i livelli di prezzo su base giornaliera.

Matteo Paganini
Informazioni su Matteo Paganini

Inizia la sua carriera direttamente nel mercato valutario, cominciando dal backoffice e dal market making (dove ha appreso i meccanismi tecnici di funzionamento del mercato forex), passando in seguito al front office, al risk management e alle gestioni patrimoniali. E’ diventato partner del primo broker valutario in Italia autorizzato a fornire servizi di intermediazione in cambi dalla Banca d’Italia ed è stato co-founder di FXCM Italia, del quale è diventato Chief Analyst, responsabile e coordinatore del team di analisti.Fa parte attualmente del management di Pepperstone all’interno del quale ricopre la carica di Managing Director per l’Italia, oltre che essere Chief Analyst per l'Europa.

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