Lunedì i titoli asiatici hanno penato, dopo che l’ultimo indice dell’attività industriale cinese ha fatto crescere preoccupazioni sulla seconda maggiore economia al mondo.
L’indice MSCI Asia – Pacifico al di fuori del Giappone è andato in ribasso dello 0,1% circa, mentre il Nikkei stock average ha perso lo 0,6%. Lo Shanghai Composite Index ha perso l’1,2%.
L’Indice dei Direttori degli Acquisti (PMI) di HSBC/Markit per il mese di gennaio è risultato a 49,7 su base destagionalizzata, appena al di sotto del livello 50,0 che separa la crescita dalla contrazione. I dati rilasciati lunedì erano leggermente al di sotto della lettura “flash” preliminare di 49,8.
Il PMI ufficiale rilasciato domenica è sceso a 49, 8 a gennaio, un minimo visto l’ultima volta nel settembre 2012 e al di sotto del livello dei 50 punti. L’inaspettata contrazione è stata la prima in circa 2 anni e mezzo, e le imprese vedono il futuro ancora più nero.
Ci si chiede se e come Pechino velocizzerà il proprio allentamento della politica e l'ultima serie di dati negativi si è aggiunta proprio a questo dibattito, con la maggior parte degli economisti bancari che chiedono una combinazione di tagli ai tassi ed un aumento della liquidità.
“Il taglio ai tassi effettuato a novembre è stato preceduto dalle lamentele del premier Li in merito alla mancanza di afflusso di credito alle imprese, e cercheremo indizi simili per misurare la possibilità di uno stimolo bazooka” ha dichiarato Tim Condon per la ING, aggiungendo di non trovare particolarmente sorprendente la lettura ufficiale al di sotto dei 50 punti, dati i fattori stagionali e le tendenze più ampie dell’economia.