È passato quasi un anno da quando i prezzi del petrolio greggio hanno cominciato il loro drastico calo, e da allora praticamente non è cambiato nulla. Malgrado gli effetti nocivi sui profitti globali, l’Arabia Saudita, primo produttore petrolifero dell’OPEC, rimane ferma sul suo target di produzione, e si prevede annuncerà nel suo meeting di venerdì che manterrà i suoi attuali livelli di produzione.
L’estate scorsa il Brent ha subìto un crollo dai massimi di 115$ a barile ad un minimo su sei anni e mezzo di 42,69$ ad agosto, e attualmente si aggira intorno ai 45$ a barile. Sono stati spazzati via 500 miliardi di dollari di profitti collettivi da parte dei 12 membri dell’OPEC, inclusi Iran, Iraq e Libia.
Secondo Richard Mallinson, analista geopolitico per Energy Aspects “Non ci aspettiamo alcun cambiamento nella linea politica dell’OPEC. Sotto la guida dell’Arabia Saudita la produzione rimarrà invariata, così da far diminuire gli investimenti in costi di produzione più elevati al di fuori dell’OPEC”.
Titoli Asiatici in Calo
Nel frattempo, lunedì le azioni asiatiche sono scese, con i titoli cinesi che hanno esteso le brusche perdite della scorsa settimana mentre lo Yuan è rimbalzato durante una sessione volatile, in vista della decisione del FMI di promuovere o meno la valuta al suo paniere di valute di riserva.
L’indice MSCI Asia-Pacific, che raccoglie le principali borse asiatiche al di fuori del Giappone, ha perso lo 0,7% e si dirige verso una perdita di circa il 2,7% per il mese di novembre, dopo aver mostrato i primi profitti in sei mesi solo ad ottobre.
Il giapponese Nikkei è sceso dello 0,4%, anche se ancora in gara per segnare un profitto mensile di oltre il 3%, mentre le azioni cinesi hanno aperto leggermente al rialzo, perdendo poi l’1,7% dopo aver registrato la peggior perdita giornaliera in più di tre mesi, venerdì.