Per tutto il fine settimana l’uragano Harvey si è abbattuto nelle aree che circondano Houston e Galveston, in Texas, e i civili non sono gli unici ad essere stati colpiti dall’inondazione. Diverse raffinerie sono state costrette a chiudere per colpa della forte pioggia, facendo salire così il prezzo del gas americano. La Royal Dutch Shell ha chiuso la propria raffineria di Deer Park, che arriva a produrre fino a 340.000 barili al giorno. È stata chiusa anche quella Exxon Mobil a Baytown, che arriva può produrre fino a 560.000 barili al giorno. Sembra dunque che approssimativamente il 22% della produzione di greggio nel Golfo del Messico (circa 379.000 barili al giorno) sia stata fermata. Le raffinerie del Texas producono un terzo del greggio raffinato degli USA.
L’uragano è stato il più forte e distruttivo ad abbattersi sul Texas in oltre 50 anni, portando a chiudere non solo le raffinerie, ma anche il porto di Houston. I prezzi hanno fatto fatica lunedì mattina, con i futures del greggio WTI che hanno perso lo 0,40% scendendo a 47,68$ a barile, e quelli del Brent che sono saliti a 52,55$ a barile. I movimenti opposti di prezzo hanno ingrandito il gap fra WTI e Brent portandolo ad un massimo di 4,99$ a barile, il più ampio da settembre 2015.
L’uragano più forte fino ad Harvey era stato Katrina, che colpì prevalentemente nei dintorni di New Orleans, in Louisiana. L’economia ha fatto fatica nel trimestre subito dopo Katrina, rimbalzando però piuttosto rapidamente grazie a una regolarizzazione dei prezzi del greggio e a un investimento negli sforzi per le ricostruzioni. Gli analisti prevedono che gli effetti di Harvey avranno ramificazioni economiche negative simili, negli Stati Uniti.