Lunedì mattina, le azioni asiatiche sono cadute per la terza sessione consecutiva tra le preoccupazioni dei commercianti per l’escalation della guerra commerciale e per i mercati emergenti in difficoltà, che pesano entrambi sulla regione. La scorsa settimana, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato di essere pronto a scatenare il prossimo round di dazi, che alcuni analisti ritengono possa essere un altro dazio del 25% su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi. Un dazio di questa portata verrebbe considerato una significativa escalation nella guerra commerciale.
Alle 14:02 HK/SIN in Cina, il Composite di Shanghai è sceso dello 0,73%, e il Composite di Shenzhen era in calo dell'1,07%. Il Nikkei 225 giapponese è sceso dello 0,59%, mentre l'indice Hang Seng di Hong Kong ha perso uno 0,92%. Il Kospi della Corea del Sud è sceso dello 0,72% nel pomeriggio.
Nonostante il fatto che la guerra commerciale sia, al momento, solo tra Stati Uniti e Cina, sembra che anche altre economie asiatiche siano rimaste colpite nel fuoco incrociato, con la caduta dei prezzi delle azioni e le preoccupazioni dei commercianti anche nelle regioni non colpite. Tuttavia, un sondaggio di J.P. Morgan pubblicato lunedì dalla CNBC ha dimostrato che molti cinesi professionisti degli investimenti restano positivi sui mercati cinesi. Un terzo dei 200 professionisti intervistati ha previsto guadagni tra il 5 e il 15% per i titoli nazionali. D'altra parte, gli americani sono preoccupati che la guerra commerciale si intensificherà dopo le elezioni di metà mandato del 6 novembre.
A mettere sotto pressione i mercati, sono anche le preoccupazioni commerciali tra Stati Uniti, Messico e Canada, dato che gli accordi commerciali previsti la scorsa settimana non si sono ancora materializzati. Si prevede che questa settimana proseguiranno i colloqui tra Stati Uniti e Canada, e il presidente Trump ha dichiarato che intende concludere un nuovo accordo con il Messico entro 90 giorni, anche se i negoziati con il Canada non avranno successo.
I mercati emergenti faticano
Le valute dei mercati emergenti hanno continuato a soffrire all'inizio della settimana, con la rupia indonesiana che ha toccato il livello più debole in oltre 20 anni. La moneta è scesa a 14,777 contro il dollaro lunedì, un prezzo non visto dal 1998. La rupia ha perso ormai l'8,93% dall'inizio dell'anno. Il governo del paese ha detto che interverrà. L'Indonesia ha la più grande economia nel Sudest asiatico ma, secondo Moody's, mantiene il 41% del suo debito pubblico in valuta estera. I debiti sono difficili da rimborsare quando la valuta è così debole.
Anche la lira turca è crollata lunedì prima dell’uscita dei dati sull'inflazione di agosto. La lira ha perso quasi il 42% quest'anno e il suo declino ha scatenato un effetto di contagio tra molte valute dei mercati emergenti, inclusa la rupia indonesiana.