Lunedì, i commenti in uscita da Washington hanno riferito di una chiamata dei negoziatori commerciali cinesi ai funzionari commerciali degli Stati Uniti, sostenendo che la Cina era ansiosa di riprendere i colloqui commerciali. Ma martedì la Cina si è affrettata a contrastare questa affermazione, negando qualsiasi telefonata e dicendo di non aver sotterrato l’ascia di guerra.
Venerdì la Cina ha annunciato l’intenzione di aumentare le tariffe doganali per 75 miliardi di dollari di prodotti americani, mentre gli Stati Uniti hanno confermato che aumenteranno le tasse attuali su 250 miliardi di dollari di beni cinesi. La nuova aliquota tariffaria verrà fissata al 30 percento. Il presidente Trump ha anche affermato che a partire dal 1° settembre, imporrà tariffe del 15% su altri 300$ miliardi di beni cinesi, invece della tariffa del 10% inizialmente pianificata.
Martedì alle 12:37 HK/SIN, il dollaro statunitense scambiava in ribasso, in calo dello 0,20 per cento, ai 97,89 .DXY. Dopo essere caduto durante la sessione asiatica, il dollaro ha continuato a diminuire contro lo yen scendendo subito dopo mezzogiorno a Londra, dello 0,38 percento a quota 105,72. I guadagni dello yen non sono stati sorprendenti poiché la valuta è stata a lungo considerata un bene rifugio durante i turbolenti periodi politici ed economici.
La sterlina britannica è salita vertiginosamente contro il biglietto verde per scambiare agli 1,2266$, in rialzo dello 0,42%, mentre l’euro ha postato un lieve rialzo rispetto al biglietto verde per scambiare agli 1,1107$.
Nel frattempo, sui mercati azionari, i benchmark globali erano per lo più in terreno positivo nonostante la confusione relativa ai colloqui commerciali. Tutti i principali indici di riferimento asiatici hanno chiuso in rialzo martedì, ad eccezione dell’indice Hang Seng di Hong Kong che è sceso dello 0,06 percento. In Europa, i principali indici erano in verde, con l’eccezione del FTSE che era in calo dello 0,13 percento.