Il coronavirus sta creando un'emergenza alimentare, principalmente nelle regioni meridionali, che concentrano la maggior parte dei lavoratori in nero in Italia. Lo stato annuncia misure di sostegno.
La crisi del coronavirus lascia decine di migliaia di persone senza tutela statale. Individui che sopravvivono grazie al lavoro in nero e che, di fatto, da un giorno all’altro, dall’inizio della quarantena, non beneficiano più di alcun reddito.
Secondo i dati dell'Istat, sarebbero interessati 3,7 milioni di lavoratori senza contratto, e l’Istituto nazionale di statistica afferma che l'economia sommersa pesa il 12,1% del PIL italiano.
Tuttavia, l'80% di questi lavoratori vive nelle regioni meridionali, dove “una persona su tre lavora in nero”, spiega il quotidiano La Stampa, citando uno studio del sindacato italiano CGIL.
La maggior parte lavora nei servizi alla persona (quasi il 50%), altri sono manovali o addirittura camerieri. Nessuno di essi soddisfa le condizioni per essere presi in considerazione dalle misure eccezionali incluse nel decreto del governo "Cura Italia".
Secondo un rapporto del governo pubblicato da La Repubblica, la situazione si sta inasprendo in Sicilia, Puglia e Campania. In queste regioni “dove il lavoro nero e la presenza molto forte della criminalità organizzata sono fattori preoccupanti”, potrebbe esserci “un rischio di rivolte e ribellioni”.
Come evidenziato da un primo incidente a Palermo, in Sicilia, lo scorso giovedì, in cui un gruppo di persone si è presentato alla cassa di un supermercato, con i carrelli della spesa pieni, rifiutandosi di pagare, presumibilmente in risposta a un gruppo di Facebook chiamato “National Revolution”, che ha chiesto “rapinare i supermercati per rendere le persone consapevoli della situazione in cui ci troviamo”.
Emergenza alimentare
Avvisato del problema, lo stato ha erogato 400 milioni di euro che verranno pagati ai comuni entro martedì 31 marzo, destinati a finanziare i “Buoni spesa” (buoni acquisto) per far fronte quindi all’emergenza alimentare. Spetterà ai sindaci e ai servizi sociali dei comuni individuare le famiglie bisognose a cui riservare questi buoni, che dovrebbero avere un valore compreso tra 300 e 400 euro.
Nel frattempo, la solidarietà si è sviluppata in alcune città, come Napoli, dove i cittadini hanno istituito un sistema di mutuo soccorso, la "spesa sospesa". Si acquistano prodotti aggiuntivi, chevengono poi lasciati alla cassa del supermercato per gli svantaggiati, creando così una sorta di banca alimentare informale.