Dopo aver rotto sotto il livello degli 1,0950, l’euro ha avuto difficoltà nell’ultimo paio di giorni. Il numero di posti di lavoro emerso negli Stati Uniti era abbastanza forte, di conseguenza i mercati saranno ora disposti a continuare a vendere l’euro in futuro. Il mercato sta chiudendo in fondo all’intervallo del venerdì, dunque i trader potrebbero continuare ad insistere sulla questione. Tra quelle principali che seguo, il dollaro statunitense è la valuta più forte in questo momento, ma lo è soprattutto l’economia americana; mettendola a confronto con l’Unione Europea che continua a vedere cifre economiche scarse, appare piuttosto logico che ci siano molti trader disponibili a shortare questa coppia.
Se il mercato riesce a scendere al di sotto del livello degli 1,09, i venditori continueranno a spingere questa coppia verso il livello degli 1,08, e infine agli 1,0750, un’area che presenta un gap sul grafico settimanale a più lungo termine che deve ancora essere colmato, tuttavia è presto per domandarsi se la coppia successivamente crollerà, perché di tanto in tanto tende ad essere molto instabile, quindi la ricerca di opportunità di vendita a breve termine continuerà probabilmente ad essere il caso qui. Non mi aspetto un massiccio selloff, piuttosto che il mercato continui a macinare.
Se il mercato recupera e supera il livello degli 1,10, probabilmente si rivolgerà alla media mobile esponenziale a 50 giorni che attualmente scambia al livello degli 1,1073. Esaminando il quadro generale, non sono interessato all’acquisto di questa coppia, perché il mercato continuerà a mostrare una propensione per il dollaro statunitense, non solo contro l’euro, ma anche contro diverse altre valute principali. Inoltre, il livello degli 1,09 ha rappresentato di recente un fondo importante, per questo ritengo cha la coppia continuerà a dirigersi verso quella regione. Un break sotto al fondo dell’appena citata regione di prezzo spalancherebbe le porte a prezzi molto più bassi, ma ritengo non accadrà in questo momento, anche se non sorprenderebbe considerando il sentimento di “avversione al rischio” a livello mondiale.